Medical Service nel Mediterraneo

Operation Torch

8 novembre 1942 inizia l’invasione del Nord Africa – Per gli Alleati è la prima offensiva di terra contro le truppe dell’Asse.

L’operazione Torch rappresenta il primo vero banco di prova per tattiche, uomini ed equipaggiamento muovendosi dalle spiagge dell’Algeria e del Marocco alle colline e ai wadi della Tunisia per spostarsi poi in Sicilia e poi in Italia fino al sud della Francia.
Per i reparti medici il teatro mediterraneo rappresenta comunque il teatro pilota, dove l’esperienza accumulata viene esportata in altri teatri, su altri fronti.
L’organizzazione statica dei reparti medici basata sull’esperienza maturata durante la Prima Guerra mondiale viene radicalmente modificata in base alle esigenze del teatro mediterraneo. Nuove tecniche come il trattamento dei disturbi psichici delle vittime nella zona di combattimento o l’uso della penicillina in chirurgia vengono messe a punto.
Gli ospedali si trasformano: unità più piccole e mobili. Gli ospedali da campo e gli “evacuation hospital” diventano il punto nevralgico del sistema medico alleato in un ambiente dove le jeep devono essere usate come ambulanze e gli aerei da carico, una volta consegnato il carico nei campi avanzati, vengono usati per trasferire i feriti.
Nella strategia generale, la campagna d’Italia era considerata un diversivo con lo scopo di impegnare il maggior numero possibile di reparti dell’Asse con il minimo coinvolgimento possibile per gli Alleati. Tutto questo ha significato per le truppe combattenti il costante sottodimensionamento rispetto alle forze avversarie in campo e, per il personale medico e la linea di comando, il ricambio forzato di truppe esperte ed addestrate con reparti freschi ma privi di addestramento specifico e di esperienza.
Dal punto di vista ambientale, il teatro ha imposto le condizioni più estreme: deserto, paludi e montagne, pianure solcate da torrenti in piena, pioggia, gelo e fango. Situazioni che hanno obbligato la continua revisione di procedure e la ricerca continua di nuove soluzioni tecniche. In nessun altro teatro di operazioni si trova qualcosa di analogo alla guerra nel deserto della Tunisia, al lungo martirio di Anzio o agli scontri cresta dopo cresta dell’Appennino.
Un contesto dove organizzazione, improvvisazione e adattamento si fondono sfruttando al limite le risorse dei reparti medici e dimostrando sul campo un elevato livello di efficienza.

8th Evacuation Hospital, Pietramala

Apettando l’inverno a Pietramala

L’avanzata alleata rallentò durante l’autunno a causa delle difficoltà del combattimento sui monti dell’Appennino e delle piogge torrenziali di quell’anno, piogge che resero impraticabili le strade. Nell’ottobre del 1944 l’8th  Evacuation Hospital fu spostato presso Pietramala dove rimase per 6 mesi. Le piogge resero presto impraticabile il terreno, per rimediare, in quel periodo furono portati 5000 camion di pietrame per compattare il terreno e le strade circostanti.

 

Inverno 1944 1945

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Picture by “Melvin Shaffer Collection”

Pietramala, i luoghi dell’8° EVAC l’11 novembre 2005

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Photo: archivio Filippo Spadi

Informazioni sull’8° EVAC (in lingua inglese)

8th Evacuation Hospital Unit History – in inglese

56th Evacuation Hospital, Scarperia

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Foto: archivio Filippo Spadi

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