In vendita al Museo Gotica Toscana
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“Cara mamma, Io sto benissimo…”
È così che inizia, in modo simile ad altre centinaia di migliaia che giunsero in Italia, una lettera di Pietro, soldato in Russia. Spesso i giovani al fronte le spedivano con il solo scopo di rassicurare i loro cari che erano in salute e lontano dai pericoli. Qualche volta ciò poteva anche essere vero, perché di certo non tutti stavano sulla prima linea sotto il fuoco diretto del nemico, ma spesso la realtà era ben diversa.
Una realtà terribile, come solo la guerra può esserlo con brutture, privazioni e sofferenze indicibili che non si dovevano far conoscere in alcun modo a chi ti aspettava a casa. E poi c’era la censura, che avrebbe comunque cancellato la verità con un lugubre tratto di inchiostro nero. I nostri soldati scrissero con cura, nonostante il loro italiano talvolta stentato, perché queste missive erano l’unico filo sottile che ancora li unisse alle loro famiglie. La carta poi era preziosa e non andava sprecata. Si scriveva che andava tutto bene, che i pericoli non erano poi così tanti, che si mangiava abbastanza, che faceva freddo ma che si stava ben coperti. Poi però si chiedeva di inviare pacchetti con sigarette, cibo e indumenti caldi, ci si lamentava perché la posta non arrivava, si auspicava la fine della guerra ed il ritorno a casa, ricordando con nostalgia i propri cari ed i bei tempi in cui ancora si viveva in pace. Qualcuno concludeva inneggiando alla vittoria, sempre più prossima. Anche se alcune lettere potranno sembrare banali e scontate, sapendo leggere tra le righe possiamo intuire le paure, i bisogni e le speranze di tanti nostri ragazzi lontani da casa.
Pietro alla fine non ce l’ha fatta. Dichiarato disperso dal 28 febbraio 1943, è uno dei 90.000 italiani che dalla Russia non hanno mai fatto ritorno.
In questo libro si racconta la guerra per educare alla Pace.
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