di Daniele Baggiani
Un reparto speciale dell’85th Infantry Division americana operò con cani da guerra addestrati per missioni notturne di vigilanza e supporto tattico: questa è la storia del 38th War Dog Platoon. Durante l’autunno del 1944, tra i crinali appenninici a valle di Sassoleone, nei pressi dell’attuale Villaggio della Salute, oggi nel territorio comunale di Monterenzio, fu attivo un curioso reparto del quale ci rimangono molte foto che qui sotto pubblichiamo.
Accampati presso la casa colonica Le Pioppe, lungo il corso del fiume Sillaro, uomini e cani operavano insieme, uniti da un addestramento specifico e da un vincolo di fedeltà.
I compiti assegnati ai cani erano molteplici: vigilanza notturna contro le sortite nemiche, pattugliamenti, trasporto di messaggi e di materiale medico. Questi fedeli animali fornivano un silenzioso ma essenziale contributo allo sforzo bellico alleato in uno dei tratti più impervi della Linea Gotica. Lì si fermò l’avanzata alleata in Appennino dell’ottobre 1944 e lì fu costituita la Linea d’Inverno (Winter Line). La storia del 38th War Dog Platoon è una storia poco nota, se non dimenticata, che vale la pena riscoprire. Ascoltate.
Le origini del War Dog Program
L’impiego dei cani da guerra ha origini antichissime. Il cane fu addomesticato nella fase di passaggio dal paleolitico al neolitico dai cacciatori-raccoglitori, e la sua presenza fedele a fianco dell’uomo risale almeno a 15.000 anni fa, quando il lupo-cane fu completamente addomesticato. Per sfruttare le qualità dei cani, fedeli amici dell’uomo, durante la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti avviarono per la prima volta un programma su larga scala. Subito dopo l’attacco a Pearl Harbor nel dicembre 1941, un gruppo di appassionati cinofili statunitensi fondò l’associazione “Dogs for Defense, Inc.” con il sostegno dell’American Kennel Club. L’obiettivo era mobilitare le qualità naturali dei cani al servizio dello sforzo bellico. Tutto iniziò con i barboncini, addirittura, una razza che in seguito non venne ritenuta adatta per l’affiancamento ai soldati.
I primi animali vennero donati da civili, selezionati per la loro obbedienza, salute e temperamento. I volontari civili si occupavano inizialmente anche dell’addestramento, ma l’inconsistenza dei risultati convinse il War Department a intervenire.
Con una direttiva del 16 luglio 1942, il programma venne affidato alla Remount Branch del Quartermaster Corps, che istituì un addestramento standardizzato in centri come Fort Robinson (Nebraska), Camp Rimini (Montana), Front Royal (Virginia) e San Carlos (California). Da questo sistema centralizzato nacquero veri e propri reparti operativi di cani da impiegare al fronte: tra i più noti, il 38th Quartermaster War Dog Platoon, che fu attivo in più teatri, fu impiegato anche in Italia durante la Campagna dell’Appennino.
Selezione e addestramento
Entro il 1944, l’elenco delle razze accettate si era ristretto a sette: pastore tedesco, dobermann, collie, husky siberiano, malamute, cane da pastore belga e cane eschimese. I cani dovevano avere certe qualità di base: essere robusti, adattabili al clima, resistenti allo stress e privi di aggressività non controllabile.
L’addestramento seguiva le direttive del Manuale Militare TM-10-396 War Dogs, redatto da Alene Stern Erlanger (1894-1969), figura centrale del progetto. La Erlanger era una stimata esperta di cani, proprietaria del Pillicoc Kennels, specializzato nell’allevamento di barboncini e scrittore-giornalista; nonché l’addestratore Henry Stoecker, emigrato dalla Germania negli anni ’20. In Germania, la sua famiglia aveva addestrato cani per lavori militari e di polizia. Dogs for Defense aveva promesso 25.000 cani all’esercito; così la signora Erlanger affidò a Stoecker la cura di alcuni dei primi cani donati dai privati per l’impiego bellico.
Il punto cardine dell’efficacia operativa era il legame esclusivo con il conduttore. I cani erano nutriti solo dal proprio handler, che ne curava anche l’esercizio fisico, il riposo e la socializzazione. Questo rafforzava la lealtà reciproca e rendeva l’animale insensibile alla presenza di estranei, aumentando la sua efficacia come sentinella.
L’addestramento prevedeva la simulazione di condizioni di guerra: spari, fumo, movimenti rapidi e presenza del nemico. Alcuni animali erano addestrati a rimanere completamente silenziosi anche in situazioni di minaccia, un’abilità fondamentale per operazioni in prima linea.
Il 38th in Italia: l’Appennino come trincea
Dopo la fase addestrativa negli Stati Uniti, il 38th War Dog Platoon fu assegnato all’85a Divisione e trasferito in Italia. Tra l’autunno 1944 e la primavera 1945 fu operativo nei pressi di Sassoleone, in un tratto di Linea Gotica particolarmente accidentato, dove le truppe alleate affrontavano una durissima resistenza tedesca. Le postazioni avanzate sulla linea di fronte, praticamente in trincea, erano affidate spesso a pattuglie miste uomo-cane. Durante la notte, i cani vigilavano sulle trincee: bastava un rumore o un odore sospetto perché il cane si destasse e trasmettesse l’allerta al suo conduttore, legato a lui da una corda o dal guinzaglio stesso. La loro sensibilità all’olfatto e all’udito permetteva di individuare minacce ben prima che fossero visibili o udibili dagli umani.
Oltre alla sorveglianza, alcuni cani erano incaricati del trasporto di messaggi tra unità dislocate su crinali diversi o nei boschi. Agivano in silenzio, veloci, mimetizzati nel terreno.
Altri trasportavano forniture mediche o munizioni leggere in zaini appositi fissati al dorso. Nonostante le difficoltà del terreno, il clima rigido e i continui bombardamenti, il 38th continuò a operare con efficacia. Le truppe che lavoravano con i cani ne riconoscevano il valore e li consideravano membri a pieno titolo del reparto. È probabile che il loro impiego abbia evitato imboscate e salvato vite in diverse occasioni.
Il conforto del cane soldato
Durante la Seconda Guerra Mondiale, i cani da guerra come quelli del 38th War Dog Platoon non solo svolgevano ruoli importanti e utilissimi, ma offrivano anche un significativo supporto psicologico ai soldati. La presenza di questi animali contribuiva a mitigare lo stress e l’ansia associati alle operazioni belliche, fornendo compagnia e un senso di normalità in situazioni estreme. Studi contemporanei evidenziano che l’interazione con i cani può ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone principale associato allo stress, migliorando l’umore e alleviando i sintomi della depressione. Inoltre, la relazione uomo-animale nelle situazioni di emergenza è stata riconosciuta come fonte di sicurezza psicologica. La compagnia di un cane soddisfa criteri fondamentali come vicinanza, disponibilità nei momenti di bisogno e protezione, facilitando l’assunzione di rischi e offrendo supporto durante periodi di stress intenso. L’impiego dei cani da guerra, quindi, non solo migliorava l’efficacia operativa delle unità militari, ma rappresentava anche una risorsa inestimabile per il benessere mentale dei soldati, aiutandoli ad affrontare le difficoltà emotive legate al conflitto.
Dopo la guerra
Al termine della guerra, iniziò il delicato processo di smobilitazione. Molti cani furono restituiti ai legittimi proprietari civili; altri vennero adottati dai conduttori con cui avevano condiviso mesi di battaglia. Tutti ricevettero un certificato ufficiale di “servizio fedele” e un congedo onorevole da parte dell’esercito americano. Per evitare comportamenti aggressivi o traumi, l’esercito istituì un programma di rieducazione: i cani venivano progressivamente riabituati alla socializzazione con altri umani, al gioco, alla vita civile. Dei circa 3.000 cani restituiti, solo quattro furono ritenuti inadatti alla reintegrazione. Quei cani non furono mascotte né strumenti di guerra: furono sentinelle, compagni e combattenti silenziosi.
La memoria del 38th War Dog Platoon a Sassoleone è oggi pressoché dimenticata, ma rimane una testimonianza affascinante del contributo degli animali alla liberazione dell’Italia.
Bibliografia e Linkografia
- Army Historical Foundation, The Dogs of War: The U.S. Army’s Use of Canines in WWII
- The US Army K 9 unit (March 13, 2018)
- U.S. Army, Chips, the dog hero of the 3rd Infantry Division
- VDHA (Vietnam Dog Handler Association), History of the 38th War Dog Platoon
- Dogsportal.it, Il ruolo dei cani nella Seconda guerra mondiale