L’orso Wojtek, mascotte del Corpo Polacco

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a cura di Daniele Baggiani

In ogni conflitto ci sono inevitabilmente momenti di leggerezza che strappano un sorriso. Un esempio di leggerezza è l’orso Wojtek, la mascotte dei soldati polacchi, il quale li seguì in Italia sui sanguinosi teatri di guerra di Cassino e della Romagna. La sua fama crebbe grazie agli articoli della stampa, che lo immortalò mentre ballava e giocava con i soldati durante momenti di svago o eventi organizzati ad hoc.

Ma a parte la curiosità che desta, la storia di Wojtek —  che significa “guerriero sorridente” —  è significativa in quanto offre lo spunto per comprendere una verità psicologica della guerra: anche nei frangenti più tragici — come quelli vissuti a Montecassino, per esempio — c’è sempre spazio per un sorriso, per situazioni che contrastano con le atrocità e la morte portate dalla guerra. Perché? Il motivo è che ogni intervallo di leggerezza ed esazione fa da necessario contraltare al vissuto negativo dei soldati e dei civili, allentando il rischio che esse cadano nel tunnel del burnout e della depressione. In questo senso, il riso, la leggerezza e il divertimento si fanno simbolicamente speranza di vita e di felicità, alternativa al dolore e alla guerra.

Bibliografia di approfondimento
  • Aileen ORR, Wojtek: The Bear Who Went to War, Barnsley, Pen & Sword Military, 2012.
  • John A. Hall, War and the Cultural Turn, Malden, Wiley-Blackwell, 2003.
  • Franco FORNARI, Psicanalisi della guerra, Milano, Feltrinelli Editore, 2023.

L’adozione di Wojtek

L’orso nasce in Persia nel 1942 e rimane solo, orfano della madre uccisa dai cacciatori, Viene dunque adottato da soldati del Corpo Polacco che si trovano nel campo di addestramento iraniano conosciuto come “Polish Army in the East”, o per meglio dire, il Campo di Addestramento di Pahlavi, dove i soldati polacchi si raccolsero dopo essere stati liberati dai campi sovietici. Del piccolo orso si occuparono in particolare gli uomini della 22ª Compagnia di Rifornimento dell’Artiglieria del II Corpo d’Armata Polacco, che lo presero sotto la loro protezione durante la marcia verso l’Italia. Wojtek crebbe con i soldati, imparando a bere latte da una bottiglia di vodka e sviluppando gusti peculiari per la frutta, il miele e, sorprendentemente, la birra.

L’orso in battaglia sul teatro di Montecassino

Quando la Compagnia di Rifornimento si trasferì in Italia, Wojtek fu ufficialmente arruolato nell’esercito polacco come soldato, ottenendo un suo numero di matricola. Fu anche messo a libro paga. Si trattava di uno scherzo, certamente, di un diversivo per i soldati, ma che riusciva a fortificare lo spirito delle truppe polacche alleate, che in beve tempo si identificarono con la forza e la vitalità di questo plantigrade addomesticato. Si favoleggia che durante la Battaglia di Montecassino, uno degli scontri più significativi del secondo conflitto mondiale, l’orso abbia realmente aiutato in combattimento, trasportando pesanti casse di munizioni dal deposito alla linea dei soldati. Ma ciò è una invenzione.

L’orso fu realmente nei pressi di Montecassino, a Venafro, dove trascorse molti mesi presso il deposito munizioni del Corpo Polacco, accudito dai militari e da un sottufficiale. Riprendiamo direttamente un brano dall’articolo L’orso Wojtek a Venafro durante la battaglia di Montecassino, di Alberto Turinetti di Priero, che ci chiarisce le idee. “A causa del fuoco tedesco, la strada poteva essere percorsa solo di notte […] Il percorso fu giudicato immediatamente troppo pericoloso per lui e quindi rimase nei pressi del Comando di Compagnia […] La notizia della presenza dell’orso si era sparsa non solo fra i soldati polacchi, ma anche fra molti reparti alleati. Wojtek divenne così famoso che su di lui furono ricamate alcune leggende. La più nota, pare raccontata dai soldati scozzesi, fu quella che l’orso, ormai soldato più che mai, aiutasse a caricare o scaricare le munizioni, tanto che come distintivo della 22a Compagnia fu proprio scelta la figura di un orso in piedi con un proiettile d’artiglieria fra le zampe. Qualcuno arrivò a scrivere che l’orso era ad Acquafondata, altri lo videro persino a Montecassino, ma non era vero, come sottolinea in uno dei suoi messaggi il professor Narebski. E’ lo stesso professore che ci conferma come l’orso non si mosse mai da Venafro per tutta la durata della battaglia”. Tuttavia una cosa era cerra: “Per i soldati lontani dalle famiglie e lontani dal loro paese natale, la presenza dell’orso fu psicologicamente importante. Vedevano in lui, così grande e grosso, ma buono e giocherellone, una specie di talismano, un portafortuna, a cui erano affezionati”. Dunque Wojtek ebbe un effetto benefico sul morale dei soldati polacchi, nel momento forse più critico della guerra in Italia.

Il valore dei soldati polacchi nella battaglia di Montecassino è noto e riconosciuto. Sotto il comando del generale Władysław Anders, la 2ª Divisione Corazzata Polacca (II Corpo d’Armata Polacco) portò una serie di attacchi decisivi contro la linea difensiva “Gustav”. Nel maggio 1944, dopo intensi combattimenti, i polacchi di Anders conquistarono l’abbazia e l’area circostante, aprendo la strada verso la Valle del Liri e verso Roma allo schieramento alleato. Le truppe polacche, composte principalmente da soldati che avevano sofferto e lottato contro l’occupazione sovietica e nazista, erano motivate a liberare il loro paese sacrificandosi per dimostrare tutto il loro valore. E ci riuscirono senza risparmiarsi. Durante la Campagna d’Italia il Corpo Polacco perse 11.379 uomini, di cui 2.301 uccisi in battaglia, 8.543 feriti e 535 dispersi.

A Rimini, Imola e a Forlì: Wojtek diventa un simbolo

Wojtek rimase in Italia con le truppe polacche seguendo i soldati in vari importanti teatri che li videro impegnati contro i tedeschi. Ad esempio ad Ancona, nei pressi della quale vi fu un simpatico imprevisto, come ricorda il citato articolo su dalvolturnoacassino.it. “L’unico incidente che si ricordi avvenne nei pressi di Ancona, quando il camion che trasportava Wojtek si fermò vicino al mare. L’orso annusò l’aria, guardò quell’enorme distesa di acqua azzurra e non si trattenne. Si scaraventò giù dal camion e si buttò nel mare tra grandi spruzzi e le urla di un gruppo di ragazze distese sulla spiaggia a prendere il sole”. Wojtek rimase sempre vicino ai soldati ma nelle retrovie.

Dopo la battaglia di Ancona, fu con i soldati polacchi quando questi presero parte ai duri combattimenti per la liberazione di Rimini, tra il settembre e l’ottobre 1944, nell’ambito dell’Operazione “Olive”, l’offensiva angloamericana pensata per sfondare la Linea Gotica e raggiungere il norditalia. Successivamente l’orso su spostò a Imola, poi a Predappio, luogo natale di Mussolini che fu liberato dai polacchi il 28 ottobre 1944.  Nel novembre dello stesso anno l’orso fu avvistato a Forlì, dove accompagnò i soldati di Aders nella liberazione della città. La sua figura divenne leggendaria. Molti sono i civili che hanno ricordato di aver visto passare l’orso soldato al seguito dei reparti. La signora Isotta Barsanti, ad esempio, ci ha raccontato della paura che il plantigrade le fece da bambina quando a Villa Gesuita vicino Forlì gli prepararono il pagliericcio dove accoglierlo. In ogni caso, Wojtek trascorse in Romagna tutto l’inverno 1944-1945; dove non ci è dato sapere, e potrebbe essere interessante scoprirlo.

Arrivata la primavera, ad aprile i polacchi parteciparono alla liberazione di Bologna. Il “combattente sorridente” seguì dunque i soldati nella valle del Po, inseguendo la ritirata dei tedeschi; per poi proseguire in Piemonte. Dopo oltre due anni di guerra, il legame tra Wojtek e i suoi soldati era diventato profondo. Come essi ebbero a riconoscere in varie occasioni, lo consideravano un membro della famiglia. Lo avevano addestrato come un militare. L’orso rispondeva al saluto e amava giocare. Masticava le sigarette che gli davano e beveva birra, si dice senza mai ubriacarsi, come faceva un vero soldato. Non solo Wojtek era diventato il simbolo della sua unità. Era diventato un mito.

Dopo la guerra, nello zoo di Edimburgo

Le forze polacche si sciolsero il 15 novembre 1947 in Scozia. Il simpatico Wojtek fu trasferito presso lo zoo di Edimburgo, dove vi rimase per i seguenti 16 anni. La vita in cattività di Wojtek fu certo meno felice che non in guerra al seguito dei polacchi. Da solo in gabbia, lui cresciuto tra i soldati, l’orso appariva triste e rassegnato. Ma allo zoo Wojtek continuò nel tempo a ricevere visite dai suoi ex commilitoni, i quali subito egli riconosceva dalla lingua. Quando l’orso morì, nel 1963, all’età di 21 anni, Wojtek era diventato una celebrità. Oggi lo riconoscimento come un simbolo di forza, di speranza e di pace.

Monumenti

Wojtek è una figura iconica. Lo si commemora in diverse località che gli sono familiari. Certamente in Polonia: a Varsavia e in molte altre città. Targhe in sua memoria si trovano nello zoo di Edimburgo, all’Imperial War Museum di Londra e nel Canadian War Museum di Ottawa. Sculture in legno e in bronzo che lo ritraggono sorridente sono nel Sikowsky Museum di Londra, a Weelsby Woods, a Grimsby. Anche in Italia ci si ricorda di lui. Nel 2015 a Imola, in occasione del 70° anniversario della Liberazione, in suo onore è stato eretto un monumento. La statua lo ritrae ancora cucciolo, giocherellone e sorridente. Lo si può vedere nel giardino che circonda la chiesetta della Coraglia, davanti alla quale egli passò nel 1944 al seguito degli alleati che entravano in città.

Adesso che conoscete la storia di Wojtek vi fermerete da lui per un saluto.

Linkografia
  1. “Wojtek, the Bear Who Went to War,” BBC News.
  2. “L’orso Wojtek a Venafro durante la Battaglia di Montecassino,” dalvolturnoacassino.it
  3. “Wojtek, the Bear of Montecassino,” dalvolturnoacassino.it.
  4. “Liberazione di Forlì e la presenza dell’orso Wojtek,” corriereromagna.it
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