Sgt. Carl Snyder 133° Rgt. 34^ Div. USA

    Momenti Memorabili della 34a Divisione in Italia

    di Carl Snyder – 25 April 2005

     2005 - Carl Snyder con Edo Ansaloni a Barberino di Mugello

     2005 – Carl Snyder con Edo Ansaloni a Barberino di Mugello

    Il 133° reggimento fanteria (parte della 34ª divisione) fu ritirato dai combattimenti in prima linea nel mese di novembre 1944. Eravamo stati in posizione nelle zone di Monte Belmonte e della chiesa di Gorgnano, combattendo i tedeschi per molto tempo. Infine il reggimento fu ritirato e fatto arretrare fino alla cittadina turistica di Montecatini Terme (circa 25 miglia a nordovest di Firenze), celebre per i suoi bagni sulfurei. Beneficiammo di una settimana di riposo, riorganizzazione e totale rilassamento per il plotone Informazioni e Ricognizione (I&R) [N.d.T.: il plotone I&R faceva parte della compagnia comando dei reggimenti fanteria]. Tutti ne traemmo beneficio; stavamo in alberghi con l’elettricità e l’acqua corrente. Dormivamo in letti a branda, con materasso e senza vestiti addosso. Mi ricordo bene di quando andai ad uno stabilimento termale, uno stanzone molto grande con circa cinquanta vasche da bagno (non si richiedeva pudicizia). Vi restai a lungo seduto lavandomi d’addosso tutta la sporcizia accumulata in parecchi mesi. Era di gran lunga meglio che lavarsi e radersi nell’elmetto, che in rare occasioni era usato anche come bidet.

    Mentre il plotone Informazione e Ricognizione stava all’albergo turistico, diventammo particolarmente amici di un impiegato dell’albergo. Ci riferì che era da parecchio tempo che la sua famiglia non vedeva della farina bianca. Il nostro amico indicò che se il plotone I&R poteva fornirgli un po’ di farina, ci avrebbe invitati a casa sua, che si trovava a svariate miglia di distanza. La famiglia avrebbe cucinato per il plotone una deliziosa cena a base di spaghetti e panini freschi, servita con vino di qualità.

    Non potevamo rifiutare quell’offerta, così facemmo pressione sul sergente di mensa della compagnia per farci dare dieci chili di farina bianca compreso un po’ di zucchero, caffè, persino un po’ di carne in scatola, che passammo nostro amico italiano. Ci disse che ci avrebbe guidato a casa sua due sere dopo. Andammo con le jeep del plotone I&R per parecchie miglia su per le colline sino alla sua casa familiare. Per quanto mi ricordo, eravamo vicini a Barberino di Mugello (per inciso, il nostro reggimento fece una breve tappa a Firenze e sostò davanti a Palazzo Vecchio mentre la nostra compagnia si raggruppava. Dopodiché procedemmo verso nord). Ci servirono un pasto a base di pasta, dal gusto formidabile, panini freschi, e vino. Inoltre, la carne pressata in scatoletta, preparata dalla famiglia italiana, sapeva quasi di vera bistecca (tutt’altra cosa da quello che ci serviva il nostro sergente di mensa). Dato che durante la guerra a casa loro mancava l’elettricità, ci godemmo la cena a lume di candela e di lanterna.

    Quella notte è uno dei miei momenti memorabili della guerra in Italia. Mi spiace dire che ho perso il nome e l’indirizzo della famiglia; devo loro un altro grande “grazie”!

    Durante il mio viaggio in Italia nel 2004 abbiamo visitato Livergnano, dove restai per una notte con una famiglia. Quello è il luogo dove i tedeschi avevano piazzato un carro armato nascosto in una zona crollata nel centro del borgo.

    Momenti più tristi – Anche gli italiani soffrirono

    La nostra compagnia era di riserva a poca distanza dal fronte. I cucinieri ci servivano un pasto caldo; facevamo la fila a mensa con in mano le gavette e la tazza della borraccia, per poi sederci dove capitava, di solito per terra.

    Capitava che non sempre gli uomini mangiassero tutto il cibo o finissero tutto il caffè. Allora ci si incamminava verso il bidone dell’immondizia per gettarvi gli avanzi. Di solito c’era una fila di italiani con dei pentolini o delle brocche metalliche che imploravano di rovesciare gli avanzi nei loro contenitori, per avere qualcosa da mangiare. Il caffè avanzato e le cicche delle sigarette erano altrettanto ricercate… Apprezzavano molto quel poco che potevamo dare loro. Sfortunatamente, le spoglie della guerra.

    Un altro evento memorabile con una famiglia italiana

    Il nostro reggimento (il 133°) si stava di nuovo spostando al fronte da una posizione in riserva a nord di Firenze. Sostammo per due giorni in un qualche piccolo paese; i nostri uomini si acquartierarono dove possibile. Il plotone I&R fu fortunato, in quanto una famiglia italiana di cinque persone ci prese con sé a casa propria. La famiglia comprendeva il babbo, la mamma, due figlie giovani, e il nonno. Uno dei miei uomini, il soldato scelto Salvatore Mucci da New York City, sapeva parlare italiano e faceva da interprete. Il soldato scelto Mucci aveva grandi capacità comunicative con la famiglia e ci avvantaggiammo delle sue origini. Condividevamo una parte delle nostre razioni, che gli italiani ci preparavano. Le donne andavano pazze per le barre di cioccolato, e gli uomini per le sigarette. Nonno usava il tabacco delle sigarette per fumare la pipa.

    Ogni tanto la pipa gli si spengeva, ed allora Nonno allungava le nude dita, raccattava un tizzone di brace dal focolare, e lo teneva alla pipa fino a che il tabacco non aveva preso. Avreste dovuto vedere le sue mani e le dita; sembravano di cuoio, coperte com’erano di duri calli.

    A sera ci sedevamo attorno al fuoco, la famiglia e il nostro plotone I&R assieme. Parlavamo e provavamo a cantare. Ci passavamo anche le foto personali, mostrando loro le nostre famiglie in America. Le figlie giovani sembravano galvanizzarsi a sentir parlare dell’America, di sicuro amavano le barre di cioccolata. Al calare della notte la famiglia si ritirava nelle sue stanze, e noi dormivamo sul pavimento nelle stanze lasciate vuote o nei corridoi. Naturalmente, dormivamo vestiti e sotto una coperta dell’esercito. Però godevamo del lusso di levarci gli scarponi per la notte, al riparo della casa.

    Nuovamente, non mi ricordo del posto o dei loro nomi, tranne che una delle figlie si chiamava Yolanda, era la più carina. Nuovamente, vorrei davvero dire “grazie” a quella famiglia.

    Avanzando oltre la Linea Gotica / Linea di difesa invernale appenninica

    Per concludere, dopo molti lunghi mesi sulla linea invernale, vicino al borgo di Pianoro (dove era la terra di nessuno sulla Linea di difesa invernale appenninica), sfondammo il fronte e avanzammo. Il 21 aprile 1945, eravamo in movimento verso Bologna. Quel giorno me lo ricordo bene!

    Avanzavamo in colonna con la compagnia K, il Tenente Col. Bruno Marchi, comandante del 3° battaglione del 133° reggimento, e il tenente August F. Carioto, addetto alle operazioni del battaglione. La compagnia K era a bordo dei carri armati Sherman, mentre dirigevamo a nord sulla strada statale 65 verso Bologna. Nel percorrere la statale 65, ci avvicinammo ad un ponte distrutto, che traversava il Savena, per avvicinarsi alla città. Il piccolo paese non era popolato; apparentemente, erano tutti fuggiti verso le campagne, per nascondersi ai tedeschi. Io, con il plotone informazioni e ricognizione del 133° reggimento, contavo su 7 jeep e un certo numero di rumorosi carri Sherman. Per un certo periodo, questi veicoli erano il nostro mezzo di trasporto.

    Il Tenente Col. Marchi era deciso a fare di noi le prime truppe americane ad entrare a Bologna. Dato che il ponte era saltato, dovevamo trovare una strategia diversa. Così il colonnello e le sue truppe scesero dai carri Sherman e cominciarono una marcia veloce a piedi. Io, come sergente di plotone dell’I&R, presi l’iniziativa ed individuai una zona un po’alla sinistra del ponte dove guidammo i mezzi attraverso il fiume. Guadammo il fiume con le jeep, però gli argini del fiume erano scivolosi, e avevamo bisogno di appoggio per raggiungere la città. Feci segno al pilota del carro Sherman di avvicinarsi al fiume e traversalo in modo da trainare le nostre jeep su dall’argine scivoloso. Alla fine, dopo un certo tempo, tutto il nostro equipaggiamento era aldilà del fiume, in marcia verso Bologna. Con i carri armati Sherman e le jeep in posizione, ora mi trovavo a condurre la parata di jeep verso la città. Alla fine raggiungemmo le altre truppe appiedate e procedemmo su Bologna. A bordo dei carri Sherman c’erano gli uomini della compagnia K del 3° battaglione del 133° reggimento. Il plotone I&R è un’unità speciale, e quel giorno eravamo assegnati al 752nd Tank Battalion, insieme alla compagnia K del 133° fanteria a bordo dei carri. Fummo i primi soldati americani ad entrare a Bologna, e le prime truppe a mettere piede nella centrale Piazza Maggiore.

    Nell’aprile del 2005, cinquanta anni più tardi, ho rivisitato Piazza Maggiore, e dal profondo del cuore mi è sgorgata la sensazione di essere di nuovo a Bologna come allora, salvo che erano passati 50 anni, e le circostanze erano completamente diverse. Mi ricordavo dei portici apparentemente senza fine. Anziché vestiti militari, ero in borghese, invece di essere a bordo di una jeep, arrivai in Eurostar alla stazione centrale. I Bolognesi erano ancora amichevoli e generosi. Inoltre ho avuto l’occasione di riallacciare la mia amicizia con Edo Anasaloni. Edo stava con i partigiani, ed oggi ha pubblicato un certo numero di libri che riguardano la Seconda guerra mondiale. Uno dei molti patrioti italiani, Edo è stato molto generoso.Grazie a te EDO!

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