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Il buon tedesco

 Autore: Carlo Greppi  Categoria: Linea Gotica, Recensioni  Editore: Gius. Laterza & Figli  Pubblicato il...: 2024  ISBN: 978-88-581-5302-4  Pagina: 274
 Descrizione:

Libro NON IN VENDITA presso il Mugot

«Solo la coscienza non inaridisce,
questo fiero, aspro paesaggio di giustizia,
questo fortino contro il rimorso».
S. LORENZ, Il disertore (1952)

Recensione di Daniele Baggiani

Il testo ha delle virtù relativamente al tema e delle debolezze rispetto all’impianto e alla lettura di cui diremo. Complessivamente è un libro utile agli storici per confrontarsi sulle modalità della ricerca e su di un tema poco frequentato dalla storiografia, di cui si hanno pochi dati: la diserzione di soldati tedeschi andati a ingrossare – con tutti i problemi del caso – le fila dei resistenti. Cosa significa disertare per un soldato germanico, quale la sua coscienza morale e il senso del suo “tradimento”? Quali i problemi d’inserimento nei quadri resistenti e quale la memoria riservata a questi soldati nel nostro sentimento e ricordo del Secondo Conflitto? Come si nota, le domande sono importanti. Carlo Greppi cerca d’inquadrare queste tematiche tentando una difficile risposta.

Il capitano Rudolph Jacobs è un buon soldato, rispettoso delle gerarchie. Caporal maggiore del genio della marina da guerra tedesca, trentenne, nel settembre del 1944 è con il suo reparto nel golfo di La Spezia per eseguire lavori di fortificazione sulla costa in una fase in cui i comandi tedeschi temono uno sbarco alleato sulle coste liguri. Jacobs e con lui il suo attendente decidono di disertare, di passare al nemico, unendosi ai partigiani della Brigata Garibaldi Muccini, una formazione che nell’autunno del 1944 è forte di circa 1000 effettivi, attivi all’incrocio di Toscana, Liguria ed Emilia, tra le Alpi Apuane, il parmense, Sarzana e Lerici. Essi scelgono di combattere contro i propri camerati, facendo una scelta morale pericolosissima e lancinante.

Inseguendo l’ombra di questi due soldati germanici Carlo Greppi porta in luce una storia in parte nota, ma finita nel dimenticatoio della memoria. Tra il 1943-44 soprattutto – ma anche prima – furono centinaia, migliaia – si stima 1 ogni 1000 – i soldati tedeschi e austriaci a prendere la medesima decisione di passare con gli uomini della Resistenza che combattevano l’invasore nazifascista. Di questi soldati e del loro spirito e sacrificio poco si sa. Carlo Greppi ha il merito di indagare vicende come questa senza retorica e senza indulgenza, in modo sostanzialmente obiettivo, insomma. Tante carte di archivio, tante testimonianze orali di prima e di seconda conducono l’autore a spiegare i retroscena di questa scelta e le sue conseguenze fino alla morte durante l’assalto a una caserma delle Brigate Nere fasciste a Sarzana. La storia di Jacob non è che il pretesto, in fondo, per affrontare il problema della diserzione tedesca ad ampio raggio.  Chi sono coloro che hanno saputo dire no no agli ordini ingiusti, che hanno rigettato la legge dell’onore e del sangue per scegliere la libertà e la coscienza? Partendo da poche tracce l’autore ci guida in una ricerca difficile: una storia tramandata, il nome su una lapide, poche righe nei documenti ufficiali, qualche ricordo dei partigiani sopravvissuti.

Personalmente ritengo che qualche appunto può essere mosso alla leggibilità del testo e alla qualità narrativa. Le note sono ampie è vero. Benissimo. Ma il testo si muove contestualmente in varie direzioni, parlando di storiografia, di memoria, di fonti orali, di ricerca; e per questo suo policentrismo di temi talvolta riesce difficile tenere il filo della storia del soldato Rudolph Jacobs e del suo attendente, del quale, alla fine, in un colpo di scena, si scopre il nome rimasto fin lì ignoto. E’ dunque in libro, questo di Greppi, dalla natura ibrida. Un prodotto forse più per il pubblico di lettori generalisti che per gli specialisti. E’ senza dubbio, senz’altro, un saggio di storia che merita di essere letto così da considerare maggiormente il fenomeno della diserzione nelle fila della Wehrmacht e per (tentare di) capire come ancor oggi sia difficile fare i conti con queste storie di diserzione stanti gli inquadramenti ideologici del dopoguerra tra buoni e cattivi, tra fedeli e traditori, tra coerenti e opportunisti, tra uomini d’onore e vigliacchi.

La coscienza morale, l’Io, non ha alcuno spazio in guerra, dove l’istinto e l’ideologia – l’Es e il SuperIo – dominano incontrastati; dove la retorica nazionalista e nazista toglie l’anima agli uomini e li spinge ad uccidere in nome di una ragione politica. La psicanalisi ci aiuta a capire meglio la questione della guerra e dell’ubbidienza; ma non ci rinfranca dall’orrore. Il “buon tedesco” Rudolph Jacob ha il grande merito di maturare una sua libera scelta, disertando dalla guerra nazionalsocialista. Entra in contatto con i partigiani e sceglie di passare dall’altra parte. Forse condividendo empaticamente le sofferenze della popolazione. Forse reagendo ai ripetuti casi di strage compiuti nell’estate del 1944 dalle forze armate tedesche in risalita verso il nord lungo gli Appennini. Le (poche?) esperienze di tedeschi e austriaci passati con i partigiani – per differenti motivi – ci dicono che neppure in guerra il destino di ognuno è segnato. Ciascuno può pur sempre decidere per se stesso da che parte stare. Ma in guerra una tale libera scelta è pericolosissima. Se si indugia si è condannati. Si tratta di decidere una volta e per sempre.


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