La 2nd New Zealand Division dalla Grecia alla Toscana

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Daniele Baggiani

La 2nd New Zealand Division dalla Grecia alla Toscana

Onore ai “Kiwies”: chi erano e dove combatterono

L’estate del 1944 vide l’arrivo in Toscana della 2nd New Zealand Division, unità combattente del Commonwealth comandata dal generale Sir Bernard Freyberg. Un’unità di grandissima esperienza, impegnata già in Grecia nel 1941, poi a Creta e in Nordafrica. I “Kiwis” di Freyberg combatterono ferocemente, con grande onore, anche a Cassino, per poi – dopo breve riposo – essere impiegati nel giugno del 1944 lungo la Linea del Trasimeno, dove i tedeschi avevano predisposto una difesa temporanea. Presero dunque, tra l’altro, parte alla Battaglia di Arezzo, città liberata il 16 luglio. Qui la 6th Infantry Brigade, e in particolare il 25th Battalion impegnato a far sloggiare le squadre tedesche da Monte Lignano, contribuì in maniera decisiva alla conquista della città al fianco della 6th South African Armoured Division, entrambe parte dell’8ª Armata britannica comandata da Sir Oliver Leese.

In un teatro di guerra assai complesso, nello stesso mese di luglio la 2ª Divisione neozelandese fu trasferita a ovest nel Chianti per la via di Monte San Savino e Siena – liberata dai francesi di Juin il 3 luglio. Il quartier generale fu stabilito a Castellina in Chianti, mentre i reparti di fanteria e corazzati avanzavano verso Tavarnelle, San Donato e San Casciano. In questa fase di guerra in Toscana vi fu un episodio rimarchevole: la visita in persona di re Giorgio VI d’Inghilterra il 26 luglio 1944 alle truppe neozelandesi a Castellina in Chianti, segno tangibile dell’attenzione che Londra riservava a questa divisione d’élite.

L’intento è quello di ricollegare tra loro una serie di informazioni poco note per ricostruire un quadro d’insieme capace di dare nota della complessità delle operazioni alleate in Italia nell’estate del 1944, fase cruciale di una guerra lunga e tormentata che vide impegnati uomini provenienti da varie nazionalità decisi a combattere insieme contro la follia suicida e omicida dell’ideologia nazifascista.

Chi sono i “Kiwis”?

La 2nd New Zealand Division nasce nel 1939–40 come cardine del 2nd New Zealand Expeditionary Force (2NZEF). Si addestra e si riorganizza al Maadi Camp, alle porte del Cairo, quindi combatte in Grecia e a Creta nel 1941. Successivamente il suo contributo si estende al Deserto Occidentale, attraversando in sequenza i luoghi di Crusader–Ruweisat–El Alamein, contribuendo allo sfondamento che apre la via agli Alleati verso Tripoli e la Tunisia. In Italia sbarca a Taranto il 3 ottobre 1943. Inizia i combattimenti in linea con la campagna sul fronte adriatico sul fiume Sangro, con un ruolo importante nella durissima battaglia di Orsogna, operando in condizioni del tutto diverse dal deserto. Successivamente, tra febbraio e marzo 1944, costituisce il nocciolo del “New Zealand Corps” nelle battaglie di Cassino. A organico pieno la Divisione schiera circa 16–17.000 uomini su due brigate di fanteria — la 5th Infantry Brigade, formata dal 21st, 23rd, 28th (Māori) Battalion, e la 6th Infantry Brigade, formata dal 24th, 25th e 26th — con l’aggiunta di una brigata corazzata, la 4th NZ Armoured Brigade, a sua volta formata dai battaglioni 18th, 19th e 20th Armoured e dal 22nd Motor Battalion, dotata di sostegno di artiglieria, genio e reparti anticarro divisionali. Diamo qualche dettaglio utile a comprendere quanto grande sia stato lo sforzo dei reparti neozelandesi nella lunga Campagna d’Italia.

1941–43: dai Balcani al deserto

Fra marzo e aprile 1941 la 2nd New Zealand Division viene inviata in Grecia nell’ambito della “W Force” (comando Wilson, con australiani e britannici). Il compito è tamponare l’offensiva tedesca lungo la linea Aliákmon, poi arretrare sui passi dell’Olimpo e, infine, sulla zona di Termopili per coprire l’evacuazione. L’attacco del 6 aprile travolge il dispositivo: il ripiegamento è ordinato ma frenetico, con retroguardie neozelandesi che combattono per guadagnare ore preziose alle colonne in marcia verso i porti. Il 25 aprile gli ultimi reparti lasciano il continente. Il prezzo è alto: 291 caduti, 387 feriti gravi e 1.826 prigionieri nella sola campagna di Grecia.

Pochi giorni dopo, la Divisione — dispersa su isole e porti — si ritrova a Creta, dove il 20 maggio i tedeschi lanciano l’Operazione “Mercury”, il grande aviolancio su Màleme, Chanià e Rèthymno. I neozelandesi tengono capisaldi e piste d’atterraggio, contrattaccano, fanno saltare ponti. Ma quando la Luftwaffe conquista la superiorità sulle piste, i rinforzi avversari affluiscono e l’isola diventa indifendibile. L’evacuazione via Sfakià a fine maggio è dura e incompleta: 671 neozelandesi caduti, oltre 2.000 prigionieri. Creta finisce in tragedia, ma lascia anche figure-simbolo (Upham, Hulme) e un legame profondo con la popolazione locale.

Nel deserto occidentale in Nordafrica i neozelandesi si trovano dentro una guerra di movimento. Tra Libia ed Egitto la Divisione affronta una guerra “fluida”, fatta di scatti notturni, aggiramenti e contrattacchi diurni con carri e autoblindo. L’Operazione “Crusader” del novembre 1941 vede i neozelandesi combattere duramente a Sidi Rezegh/Point 175: il 25th Battalion prende parte alle azioni più sanguinose, con oltre 100 caduti in un solo giorno (il 23 novembre), 150 feriti e 100 prigionieri. Fu questo il tributo più alto pagato da un battaglione neozelandese in un singolo scontro in tutta la guerra. L’operazione nel complesso riesce e il corridoio su Tobruk viene riaperto, ma il costo in unità di fanteria è elevatissimo.

Nell’estate del 1942, al Ruweisat Ridge (Prima battaglia di El Alamein), la Divisione conquista il crinale con un’offensiva notturna. Ma all’alba mancano i carri a protezione: mine e sabbia hanno rallentato il posizionamento, le artiglierie faticano a insediarsi e i Panzer tedeschi contrattaccano. Il risultato è devastante: perdite altissime e interi reparti sopraffatti o costretti alla resa. La lezione è chiara: senza cooperazione stretta fanteria–carri–artiglieria è impossibile mantenere le posizioni contro la mobilità tedesca.

A El Alamein i neozelandesi sono di fronte a una svolta. All’inizio di novembre 1942, quando Montgomery riapre l’offensiva, la 2nd New Zealand Division gioca un ruolo di primo piano nella fase finale dell’Operazione “Supercharge”. Rinforzata con brigate britanniche, la Divisione guida l’attacco notturno per aprire corridoi nei campi minati e spezzare lo schermo anticarro. Nelle retrovie la 9th Armoured Brigade subisce perdite altissime per sfondare sugli 88 e sui Pak tedeschi, consentendo al grosso corazzato britannico di dilagare. È la svolta operativa. Nel ripiegamento del nemico italo-tedesco verso ovest il contributo neozelandese è importantissimo. La lunga corsa in Nordafrica termina in Tunisia: a fine marzo 1943 i neozelandesi sono protagonisti alla Tebaga Gap con il “left hook” del New Zealand Corps. A maggio cade Tunisi e l’Asse si arrende in Africa agli Alleati. È il momento del grande riordino. L’Africa ha impartito la sua lezione, ma il territorio in Italia è assai diverso e le difficoltà saranno differenti e comunque importanti.

La nascita della 4th NZ Armoured Brigade e la dottrina combinata

La vecchia 4th Infantry Brigade viene convertita il 2 ottobre 1942 nella 4th New Zealand Armoured Brigade con l’aggiunta di tre reggimenti carri: 18th, 19th, 20th Armoured su Sherman, più Stuart da ricognizione, più il 22nd (Motor) Battalion per la fanteria meccanizzata. Cambiano i mezzi, cambia la dottrina. I battaglioni di fanteria della 5th e della 6th Brigade operano sempre più spesso in battle group con squadroni corazzati, sezioni del genio, pezzi controcarro e mortai pesanti. Questa dottrina combinata prevede di arrivare insieme sull’obiettivo, mantenerlo all’alba e respingere il contrattacco. Sarà questo lo “stile” della Divisione neozelandese in Italia: ai fiumi e ai paesi si arriva con fanteria, carri e artiglieria in maniera sincronizzata.

 

Novembre-dicembre 1943: a Orsogna sul fronte adriatico

Sbarcata a Taranto il 3 ottobre 1943, la 2nd New Zealand Division risalì la costa adriatica all’interno dell’8ª Armata britannica. Questo settore, il “fronte adriatico”, rappresentava la metà orientale dello schieramento alleato in Italia, lungo la fascia costiera e le prime dorsali appenniniche. A novembre 1943 l’8ª Armata puntò a sfondare la Winter Line tedesca sul fiume Sangro per aprire la Via Valeria sull’asse Pescara–Roma. L’azione fu condotta dal V Corps del gen. Allfrey, con la 78th Infantry Division e l’8th Indian Division in prima linea. La 2nd NZ Division avanzò più all’interno, sul fianco destro del corpo, in direzione di Orsogna, per proteggere l’asse principale e minacciare i capisaldi tedeschi sulle alture. Dopo rinvii per piogge e piene, l’attraversamento del Sangro scattò il 27 novembre: ponti distrutti dal nemico, guadi sotto tiro, strade impraticabili per il fango. I neozelandesi stabilirono teste di ponte e proseguirono verso la dorsale Guardiagrele–Orsogna, mentre il maltempo rallentava la costruzione dei ponti necessari a far giungere in prima linea carri e rifornimenti.

A Orsogna, paese in quota difeso da ripidi costoni, tra il 7 e il 24 dicembre si consumò una serie di attacchi difficili su terreno collinare inciso da fossi e calanchi, favorevole ai difensori. Il 7 dicembre, con l’operazione “Torso”, la Divisione neozelandese lanciò due brigate verso il paese: la fanteria raggiunse l’abitato, ma il sostegno dei carri della 4th NZ Armoured Brigade fu frenato da mine, crateri e strettoie. Le formazioni tedesche — 26. Panzer-Division e reparti della 1. Fallschirmjäger-Division — usarono con perizia campi minati, armi controcarro e contrattacchi locali, rendendo difficilissimo il consolidamento. Il 15 dicembre un nuovo assalto allargò di poco l’avanzata al prezzo di ingenti perdite di uomini e mezzi. A fine mese neve e fango paralizzarono le strade e l’offensiva adriatica fu congelata in attesa di condizioni migliori. Perché l’offensiva nel settore adriatico guidata da Montgomery si fermò? Per il concorso di tre fattori: (1) meteo e terreno — fiumi in piena, creste strette, fossi che canalizzavano il fuoco; (2) mobilità corazzata ridotta — i carri potevano muovere quasi solo su strade sommitali, facilmente minate e battute dal controcarro; (3) efficacia della difesa elastica tedesca — arretramenti e contrattacchi sistematici che conservavano l’iniziativa locale. Fece da sfondo anche la tragedia di Ortona, la “piccola Stalingrado”, dove il porto adriatico fu preso dai canadesi a un prezzo altissimo. Ma questa è un’altra storia.

Febbraio–marzo 1944: Cassino e il New Zealand Corps

A febbraio 1944 la Divisione fu spostata dall’Adriatico al versante tirrenico, nel settore di Cassino, per contribuire allo sfondamento della Linea Gustav sotto il comando della Fifth Army statunitense. Per l’occasione venne costituito un Corpo ad hoc — il New Zealand Corps — formato dalla 2nd NZ Division e dalla 4th Indian Division, con forti reparti di artiglieria e unità di supporto. Il 15 febbraio, dopo il bombardamento sull’abbazia, la spinta iniziale affidata anche al 28th Māori Battalion verso la stazione ferroviaria (e i relativi accessi sul fiume) si infranse contro il fuoco incrociato e le difficoltà di attraversamento del Fiume Rapido.

Durante la terza battaglia di Cassino (15–23 marzo 1944), il piano assegnava alla 6th NZ Infantry Brigade il compito di entrare e tenere il centro urbano, mentre la 4th Indian Division risaliva i versanti verso Hangman’s Hill. I carri del 19th Armoured Regiment faticarono a proseguire: macerie, crateri, cariche esplosive e campi minati bloccavano le vie; i bulldozer del genio venivano presi di mira. L’appoggio corazzato alla fanteria arrivò a tratti, spesso in ritardo. I paracadutisti della 1. Fallschirmjäger-Division trasformarono gli isolati in nodi difensivi. I progressi neozelandesi si misurarono casa per casa — la collina del Castello, i giardini botanici, la stazione — ma ogni varco veniva richiuso nel giro di poche ore. Il 23 marzo gli attacchi furono interrotti; il 26 marzo il New Zealand Corps venne sciolto e le divisioni neozelandese e indiana arretrarono per ricostituirsi. Per la 2nd NZ Division il bilancio fu pesante: battaglioni logorati e perdite elevate di uomini e mezzi. Perché Cassino non cedette? Concorsero più fattori a favore dei tedeschi: il terreno urbano demolito impediva la cooperazione stretta fanteria–carri; la qualità difensiva della 1. Fallschirmjäger fu determinante; pioggia e fango sul Rapido complicarono pontature e guadi; gli Alleati ebbero difficoltà a sincronizzare gli assalti in quota con il combattimento negli abitati, mentre le comunicazioni restavano fragili.

Dopo Cassino, Avezzano: aprile 1944

Dopo lo scioglimento del New Zealand Corps, la 2nd NZ Division rientrò nell’8ª Armata sul fianco destro dello schieramento alleato: il settore appenninico nord-orientale rispetto alla direttrice principale su Roma. Reduce dalle fatiche di Cassino, la grande unità fu impiegata come “riserva mobile”, cioè una forza integra e manovrabile da impegnare rapidamente dove occorresse: chiudere un varco, proteggere un fianco, sfruttare un successo. In concreto, tra Abruzzo e Lazio i neozelandesi coprirono il margine interno/appenninico dello schieramento. Nel frattempo la Divisione si riorganizzò nell’area di Avezzano con addestramento, rimpiazzi, revisione dei mezzi e consolidamento dei quadri dopo le usuranti battaglie di Orsogna e Cassino. Entro fine mese la Divisione Neozelandese era di nuovo pronta a riprendere l’offensiva.

Maggio–giugno 1944: dopo Roma, il riposizionamento

Con la caduta di Roma (4 giugno 1944) la campagna d’Italia cambiò ritmo e disegno. L’armata tedesca arretrò su una serie di linee successive — Trasimeno/“Frieda” (giugno), Arezzo e quindi Arno (luglio) — pensate per rallentare l’inseguimento alleato e guadagnare settimane preziose per completare la Linea Gotica (“Green Line”) sugli Appennini. In questo quadro l’8ª Armata rimise in moto i propri corpi d’armata su più direttrici, destinando il X Corps — con la 2nd New Zealand Division e le 8ª e 10ª Divisioni indiane — a proteggere l’avanzata sul proprio lato destro, mentre altri reparti spingevano in profondità. Un dispositivo elastico in cui alcuni reparti combattevano contro i capisaldi di arresto tedeschi, altri coprivano e altri ancora si tenevano pronti a entrare dove si apriva una breccia. Il 10 giugno, elementi della 2nd New Zealand Division entrarono ad Avezzano e, subito dopo, la grande unità passò in riserva d’armata per un ciclo di riposo, rimpiazzi e addestramento, in vista del successivo impiego contro la Linea del Trasimeno e poi su Arezzo. Che cosa significava, in concreto, “riserva mobile”? Per una divisione mista fanteria–corazzati come la neozelandese, voleva dire restare raccolta e ben rifornita dietro il fronte, con mezzi sufficienti di artiglieria, autotrasporti e carri per muovere rapidamente su strade difficili e intervenire dove serviva: chiudere un varco, sostenere un attacco altrui, sfruttare un successo. Nei giorni di Avezzano — porta naturale tra la Marsica e la dorsale appenninica — questo si tradusse in riequipaggiamento dopo Cassino, integrazione dei rinforzi, esercitazioni di marcia notturna, lavori di genio e prove di attraversamento su corsi d’acqua e ponti provvisori. Dopo mesi di combattimento negli abitati, i neozelandesi tornavano a operare in spazi aperti, come si disse passando “dalle macerie di Cassino alla promessa dell’Arno”. Un marconista, dopo una corsa in jeep fino ad Avezzano, lasciò scritto: «Avezzano è una città modernissima, circondata da migliaia di acri di campi… situata in una vasta conca pianeggiante». Muoversi in spazi aperti e su strade praticabili era una boccata d’ossigeno per un reparto abituato agli spazi aperti.

Luglio 1944: dalla Linea del Trasimeno alla presa di Arezzo

Con l’ordine d’operazioni di metà luglio la 2nd New Zealand Division passa al XIII Corps per l’offensiva sulla Linea del Trasimeno/“Frieda”, detta Linea “Albert” nel suo settore tirrenico. Il compito assegnato ai Kiwis è coprire il fianco destro del Corpo d’Armata durante la spinta su Arezzo. In concreto significa tenere il contatto lungo il margine orientale della Val di Chiana, fino ai piedi dell’Appennino tosco-emiliano, vigilando contro infiltrazioni e contrattacchi che potessero calare dalle dorsali montuose sull’asse d’avanzata verso l’Arno e la Linea Gotica. Per aprire la “porta” di Arezzo occorre scalzare i due cardini del sistema difensivo tedesco a sud-est della città. La 6th NZ Infantry Brigade assume il compito di liberare l’asse di cresta Camurcina–Lignano alle porte di Arezzo, ripartendo compiti e settori: il 24th Battalion muove su Monte Camurcina, il 25th Battalion ha per obiettivo Monte Lignano, mentre il 26th Battalion rinforza e subentra dove necessario. Ad esempio, rilevando gli Argyll and Sutherland Highlanders a sud di Monte Cavadenti e il King’s Royal Rifle Corps, i neozelandesi chiudono i varchi creatisi tra i reparti. All’alba del 15 luglio, sotto copertura d’artiglieria, il 25th Battalion attacca il crinale Camurcina–Lignano, conquista la cresta di Monte Lignano e la mantiene malgrado il fuoco di risposta. Il bilancio è di 17 caduti e 48 feriti, quattro dei quali moriranno in seguito. In parallelo il 24th Battalion spinge e tiene Camurcina, mentre il 26th chiude i vuoti sulla linea di penetrazione. La battaglia continua feroce su Quota 575, dove i tedeschi sono bene appostati, e nella zona del Convento di Sargiano, nell’area prospiciente il valico de L’Olmo, dove passa la strada di collegamento con la conca di Arezzo. Il giorno successivo, 16 luglio 1944, Arezzo è conquistata dall’8ª Armata: la 6th South African Armoured Division entra in città con l’aiuto decisivo della 2nd New Zealand Division. Il settore viene stabilizzato con l’ingresso e la cooperazione delle forze corazzate britanniche impegnate in zona, mentre le Divisioni indiane sopraggiungono su Arezzo dalla Valtiberina disimpegnando neozelandesi e sudafricani che si dirigono verso il Chianti.

Fine luglio: i neozelandesi al posto dei francesi

Nel settore toscano, gli equilibri alleati cambiarono rapidamente sia in base ai progressi sul terreno sia per scelte operative di più ampio respiro. Il Corpo di Spedizione Francese, il Corps Expéditionnaire Français en Italie del generale Alphonse Juin, era una forza d’armata composta in prevalenza da truppe dell’Armée d’Afrique (3e Division d’infanterie algérienne, 2e Division d’infanterie marocaine, 4e Division marocaine de montagne, con goumiers marocchini specializzati nella guerra di montagna). Dopo aver guidato lo sfondamento sulla Gustav e contribuito alla liberazione di Siena il 3 luglio 1944, i francesi furono designati per un nuovo impiego strategico: l’invasione della Francia meridionale. L’operazione, decisa in luglio e lanciata il 15 agosto con il nome “Dragoon” (già “Anvil”), aveva un obiettivo principale: aprire i grandi porti di Tolone e Marsiglia per sostenere logisticamente le armate sbarcate in Normandia e accelerare la pressione sul fronte occidentale. Da qui la scelta di trasferire la massa delle forze francesi dall’Italia alla 1ère Armée di de Lattre per lo sbarco in Provenza e la risalita del Rodano.

Il “vuoto” operativo lasciato dai francesi in Toscana venne colmato da reparti britannici e del Commonwealth inseriti nel XIII Corps: la 6th South African Armoured Division dal Trasimeno ad Arezzo, la 4th British Infantry Division e la 6th British Armoured Division, con l’appoggio della 8th Indian Division sui fianchi. Nel medesimo dispositivo entrò la 2nd New Zealand Division, destinata a spingere nel Chianti contro la Linea “Paula” a sud di Firenze. L’offensiva di corpo, pianificata per fine luglio, raggiunse la “Paula” il 28 luglio, mentre ai neozelandesi tocca l’assalto principale per lo sfondamento verso la città.

Dopo aver contribuito in maniera decisiva alla presa di Arezzo, nella seconda metà di luglio 1944 i neozelandesi si riorganizzano nella base di Castellina in Chianti. Le varie brigate neozelandesi si dispongono sulle dorsali che scendono verso la Val di Pesa, proiettandosi lungo la Cassia e le alture che dominano Tavarnelle, San Donato e San Casciano. Questo è il fianco che copre l’accesso a Firenze da sud-ovest, dove la 2a Divisione Neozelandese conduce la propria avanzata. In particolare, la 5th Brigade apre la strada su San Casciano, mentre la 6th Brigade si tiene pronta a sfruttare il varco sulla Pesa e a mantenere il contatto laterale con i sudafricani e le altre unità britanniche.

Avvicinamento alle porte di Firenze: territorio, resistenza, metodo

Dal 17 al 24 luglio i Kiwis si muovono dalla Valdichiana alla Val di Pesa attraverso il Chianti. È un territorio aspro e difficile, fatto di crinali, curve, boschi e borghi in altura. La tattica è quella della “pinza” su dorsali parallele: la 4th Armoured Brigade sale dove può e, quando non può, copre e martella; nel frattempo la fanteria e il genio aprono guadi e corridoi tra le macerie e le mine lasciate nei villaggi dal nemico in ritirata. In quest’area, dalla metà di giugno, i gruppi partigiani del Chianti hanno intensificato assalti e sabotaggi a linee telefoniche, presìdi e viabilità ausiliaria.

Il 23 e 24 luglio le avanguardie neozelandesi scendono sul torrente Pesa, il cui attraversamento è sotto tiro. I reparti di fanteria e i reparti motorizzati della 5ª e 6ª Brigata si alternano su Sambuca e Fabbrica, dove le retroguardie tedesche tentano contrattacchi locali. È il segnale che la difesa si sta irrigidendo sulla cintura successiva, la Linea Olga/Paula, concepita per rallentare l’accesso alle ultime colline e ai crinali prima dell’Arno. Le fonti alleate coeve parlano di movimento continuo, brevi agganci, fuoco di interdizione e improvvise esplosioni di case minate. Su questa fase rinviamo alle pagine importanti di Claudio Biscarini sulla guerra a sud di Firenze e sulla battaglia di San Michele a Torri, che aprì la via verso Scandicci e Firenze.

26 luglio 1944: Re Giorgio VI tra i Kiwis

La presenza dei neozelandesi nel Chianti è attestata anche dalle immagini ufficiali della visita in persona di re Giorgio VI alle truppe kiwis il 26 luglio 1944. In quei giorni, nello scacchiere toscano, i reparti britannici e del Commonwealth stavano subentrando ai francesi nella faticosa avanzata da sud verso la Arno Line e Firenze. Il sovrano volle vedere da vicino gli uomini che stavano reggendo quel settore cruciale. Raggiunse la Divisione mentre avanzava verso Firenze, giungendo a Castellina in Chianti via Siena da Monte San Savino. Le fotografie di George Kaye — conservate alla Alexander Turnbull Library e su DigitalNZ — fissano i momenti salienti: l’arrivo dell’auto con il seguito, il saluto al generale Freyberg, l’ispezione al picchetto d’onore, una breve sosta accanto alle carte operative stese sul cofano di un fuoristrada. I soldati ricordano una visita rapida, scandita da strette di mano e poche parole misurate, ma sufficiente a ricaricare il morale di reparti che da mesi combattevano senza soluzione di continuità. La presenza del Re — e, a ruota, la documentata comparsa di Winston Churchill nell’area di Greve — diede il segno di quanto Londra considerasse decisivo il lavoro della 2nd New Zealand Division nel cuneo chiantigiano, alla vigilia dell’urto contro la Linea “Paula” per prendere Firenze.

Dalla Linea del Trasimeno ad Arezzo, quindi lungo i crinali del Chianti fino alla Val di Pesa, la 2nd New Zealand Division portò in Toscana l’esperienza maturata tra Grecia, Creta e Nordafrica, adattandola a un terreno difficile e a un nemico deciso a guadagnare tempo per la Gotica. Il passaggio di consegne dai francesi alle forze britanniche e del Commonwealth, il quartier generale a Castellina, la visita del sovrano, sono i tasselli di una storia operativa fatta di combattimenti dei quali ci restano i rapporti ufficiali, ancora da scrivere in gran parte con il dovuto dettaglio. Furono i neozelandesi in particolare tra i britannici a spingere in avanti il fronte alleato verso Firenze sullo scorcio del luglio 1944. Il seguito di questa vicenda — lo scontro sulla Linea “Paula” e la sanguinosa battaglia di San Michele a Torri dove i neozelandesi si distinsero per determinazione e onore rimanda alle pagine ricostruite da Claudio Biscarini, cui rimandiamo per il racconto delle ultime, durissime giornate prima dell’ingresso nell’area fiorentina.

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