di Daniele Baggiani
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Introduzione: il problema
La partecipazione delle Forze Armate italiane alla Guerra di Liberazione (1943-1945) rappresenta uno dei capitoli più complessi e, al tempo stesso, più nobili della storia nazionale. Lungo i decenni, tale esperienza è stata spesso trascurata o deformata da narrazioni semplificatrici, che l’hanno ridotta a una contrapposizione manichea tra, da un lato, gli italiani cobelligeranti e gli Alleati, e, dall’altro, le forze armate della Repubblica Sociale Italiana, integrate nella Wehrmacht. A questa semplificazione si è sovrapposta una lettura predominante che ha posto in primo piano la Resistenza civile e armata contro l’occupazione nazifascista, enfatizzando il tragico contesto di rappresaglie e le sofferenze popolari. […] La guerra di liberazione in Italia si configurò come un crogiolo di esperienze disparate, tutte riconducibili, pur nella loro drammatica eterogeneità, al medesimo anelito di riscatto e libertà. Partendo dai contributi storiografici più autorevoli, questo studio si propone di gettare luce su una pagina troppo a lungo marginalizzata:
il contributo delle Forze Armate regolari italiane, che, superando lo stigma della disfatta, seppero rinascere nel segno della cobelligeranza, della dignità e della democrazia, contribuendo in modo importante alla liberazione dal nazifascismo. […]
Inquadramento storico: il crollo del Fascismo e l’armistizio dell’8 settembre 1943
Il crollo del regime fascista
All’inizio del 1943, il regime fascista era in condizione di crisi irreversibile. Le sconfitte militari in Africa settentrionale, il collasso del fronte russo, la crescente pressione alleata sul fronte interno e il progressivo isolamento internazionale avevano minato il consenso attorno a Benito Mussolini. […] Il malcontento popolare cresceva alimentato dalla fame, dai bombardamenti e dall’usura psicologica di una guerra percepita come senza speranza. Anche all’interno delle strutture del Partito Nazionale Fascista e delle stesse gerarchie militari i segni di dissenso erano evidenti. La crisi esplose il 25 luglio 1943. Il Gran Consiglio del Fascismo approvò a larga maggioranza la mozione Grandi, che sanciva di fatto la sfiducia nei confronti del Duce. Mussolini fu convocato al Quirinale da Vittorio Emanuele III e venne arrestato. La nomina a capo del governo del maresciallo Pietro Badoglio aprì formalmente una nuova fase, benché il nuovo esecutivo proclamasse, per ragioni diplomatiche e militari, la prosecuzione della guerra a fianco della Germania.
Le trattative segrete e la firma dell’armistizio
Con il crollo del governo Mussolini e l’instaurazione del governo Badoglio si avviarono contatti riservati con gli Alleati. […] Il generale Giuseppe Castellano, rappresentante italiano, raggiunse un accordo che prevedeva la resa incondizionata delle forze armate italiane. Il documento fu firmato il 3 settembre 1943 a Cassibile, presso Siracusa, ma fu mantenuto segreto in attesa di gestire politicamente e militarmente gli eventi. La segretezza si rivelò però dannosa. Quando l’8 settembre 1943 il generale Dwight D. Eisenhower annunciò pubblicamente l’armistizio, il governo Badoglio fu costretto a confermare la notizia con un comunicato radiofonico promulgato alle ore 19:45. L’annuncio, improvviso e privo di adeguate istruzioni operative, colse di sorpresa i cittadini e la gran parte dei reparti italiani dislocati in Italia e al fronte. Le Forze Armate italiane, lasciate senza ordini chiari, furono travolte dalla reazione fulminea delle truppe tedesche. Era infatti già stato predisposto il piano “Achse” per occupare militarmente l’Italia in caso di defezione.
Il caos delle Forze Armate dopo l’8 settembre
L’annuncio dell’armistizio precipitò l’Italia in una situazione di completo disorientamento politico e militare. […] La fuga del Re Vittorio Emanuele III e del governo Badoglio da Roma nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, alla volta di Brindisi, lasciò la capitale e il grosso delle truppe senza leadership. […] In poche ore, i reparti della Wehrmacht misero in atto l’Operazione “Achse” disarmando intere divisioni italiane, occupando le principali città, internando i soldati italiani che non accettavano di arruolarsi nella neonata Repubblica Sociale Italiana. […] In diverse aree del paese si accesero spontaneamente focolai di resistenza armata, segno di una volontà di riscatto che, pur tra mille difficoltà, non si era spenta.
La nascita della Repubblica Sociale Italiana e la formazione dell’Italia cobelligerante
A Taranto e Brindisi, sotto la protezione alleata, si insediarono il re Vittorio Emanuele III e il governo Badoglio, che avviarono un lento e difficile processo di ricostruzione dello Stato. Un passo concreto di riscatto si ebbe con la creazione del Primo Raggruppamento Motorizzato, costituito il 27 novembre 1943. Questo nucleo, formato da circa 5.500 uomini, raccolse ufficiali e soldati sfuggiti alla cattura tedesca, elementi dei reparti disciolti e personale volontario. Pur con mezzi limitati e in condizioni logistiche estremamente difficili, il Primo Raggruppamento Motorizzato affrontò con coraggio il suo battesimo del fuoco a Monte Lungo, nel dicembre 1943, combattendo a fianco della 36ª Divisione “Texas” americana. Nonostante le pesanti perdite e gli errori iniziali, la vittoria italiana contribuì a rinsaldare l’onore nazionale e ad avviare un nuovo corso nella partecipazione militare alla causa alleata. Il successo di Monte Lungo aprì la strada alla costituzione, nel marzo 1944, del Corpo Italiano di Liberazione (CIL), formazione più ampia e strutturata, che prese parte attiva alla Campagna d’Italia, distinguendosi nelle dure battaglie lungo la Linea Gustav e, successivamente, sulla Linea Gotica. Parallelamente, con l’avanzare delle truppe alleate lungo la penisola, un numero crescente di partigiani fu progressivamente inquadrato nei reparti dell’esercito cobelligerante italiano. […]
L’8 settembre come spartiacque: l’inizio della Guerra di Liberazione
L’armistizio segnò la fine del regime fascista e l’inizio della Guerra di Liberazione. Il collasso dell’apparato statale monarchico-fascista spezzò l’Italia in due: a sud una zona liberata, a nord una regione occupata dai tedeschi, che divenne teatro di una sanguinosa guerra civile. Da una parte prese forma la Repubblica Sociale Italiana, alleata e subordinata alla Germania; dall’altra, a sud, si avviò la costruzione di un’Italia cobelligerante a fianco degli Alleati. […] Le truppe italiane cobelligeranti rappresentarono una realtà numericamente crescente e strategicamente rilevante nel panorama della guerra di Liberazione. […] A partire dalla metà del 1944, e pienamente operativi nel 1945, si formarono i Gruppi di Combattimento, articolati secondo il modello organizzativo anglo-americano, che arrivarono a contare complessivamente circa 50.000 militari. […]
Il mito del “tutti a casa” e la realtà storica
La dissoluzione delle Forze Armate italiane dopo l’8 settembre 1943 ha alimentato, nella memoria collettiva, il consolidarsi di una narrazione stereotipata, sintetizzata dall’espressione “tutti a casa”. Tale rappresentazione, dovuta anche al successo di celebri opere cinematografiche, rifletteva il sentimento diffuso di una popolazione stremata e sfiduciata, che si rispecchiava nell’immagine di un esercito disgregato, privo di direzione e animato più da opportunismo e disillusione che da volontà di resistenza. […] Ma il quadro è ben più complesso. Accanto a episodi di sbandamento e di resa, determinati dall’assenza di direttive chiare e dalla superiorità delle forze tedesche, si registrarono numerosi casi di resistenza armata, di fedeltà alla patria e di volontà di riscatto. Come accennato, gli scontri di Porta San Paolo a Roma, la difesa in Corsica, le Quattro Giornate di Napoli, le azioni spontanee in Sardegna e altrove dimostrano che una parte significativa dei militari italiani rifiutò la passività, cercando di opporsi all’occupazione. Ugualmente fece chi scelse di slancio la lotta partigiana. In Piemonte, la Valle di Susa e le valli del Cuneese furono tra le prime zone in cui si formarono i gruppi di ribelli, spesso guidati da ex ufficiali dell’esercito. […] Come sottolinea Claudio Pavone: “Le prime bande partigiane nacquero più per impulso di sopravvivenza che per calcolo politico: la fuga dall’arresto e dalla deportazione fu, all’inizio, il movente primario della scelta di salire in montagna” […].
La costituzione delle unità regolari cobelligeranti
All’indomani dell’armistizio di Cassibile, mentre le istituzioni statali crollavano e le Forze Armate italiane si dissolvevano, il Regno del Sud, sotto la guida del governo Badoglio, intraprese un difficile ma determinato processo di ricostruzione militare. L’obiettivo era duplice: da un lato, riscattare l’onore nazionale attraverso una partecipazione attiva alla liberazione della penisola; dall’altro, ottenere il pieno riconoscimento politico da parte degli Alleati, superando lo stigma di nazione sconfitta e occupata. La rinascita delle forze armate seguì tre tappe fondamentali: la costituzione del Primo Raggruppamento Motorizzato, l’organizzazione del Corpo Italiano di Liberazione (CIL) e, successivamente, la creazione dei Gruppi di Combattimento, modellati sugli standard anglo-americani. […] Anche la Marina e l’Aviazione furono rapidamente riorganizzate, offrendo un contributo prezioso alle operazioni navali e aeree durante la Campagna d’Italia.
Il Primo Raggruppamento Motorizzato
La prima concreta manifestazione di una volontà di riscatto fu la costituzione del Primo Raggruppamento Motorizzato, formalizzata il 27 novembre 1943. In quell’embrione di esercito risorto si raccolsero la speranza e l’orgoglio di un’Italia che non voleva arrendersi. […] Posta al comando del generale Vincenzo Dapino, l’unità contava inizialmente circa 5.387 uomini, di differente provenienza: soldati e ufficiali del disciolto Regio Esercito, in particolare dai reparti della Divisione “Legnano” e della Divisione “Mantova”; militari sbandati sfuggiti alla cattura tedesca dopo l’armistizio; e volontari reclutati nel sud liberato. […] Nonostante l’entusiasmo, il livello di equipaggiamento e preparazione era disomogeneo. […] Il primo impegno operativo avvenne tra il 7 e il 16 dicembre 1943 nella battaglia di Monte Lungo, combattuta accanto alla 5ª Armata statunitense. Nonostante le difficoltà iniziali, l’esperienza di Monte Lungo segnò un momento fondamentale per la credibilità militare italiana. […] Alla fine, la conquista definitiva di Monte Lungo fu un successo dal forte valore politico e morale: il Primo Raggruppamento Motorizzato si guadagnò così il rispetto degli Alleati e pose le basi per un ampliamento del contributo militare italiano alla guerra di liberazione.
Il Corpo Italiano di Liberazione (CIL): nascita, struttura e operazioni
Il successo, seppur costoso, conseguito dal Primo Raggruppamento Motorizzato nella battaglia di Monte Lungo convinse gli Alleati della volontà e della capacità del rinato esercito italiano di contribuire in maniera più organica allo sforzo bellico. […] Nella primavera del 1944 venne creato il Corpo Italiano di Liberazione (CIL). Formalmente costituito il 18 aprile 1944, il CIL fu posto al comando del generale Umberto Utili. Il Corpo raccolse circa 20.000 uomini, suddivisi in due divisioni composite. […] La sua struttura operativa prevedeva la 1ª Divisione “Nembo”, formata principalmente da unità paracadutiste sopravvissute alla dissoluzione post-armistizio, e la 2ª Divisione Speciale, costituita da reparti di fanteria convenzionale, artiglieria, genio e trasporti. Dal punto di vista operativo, il CIL venne integrato nel dispositivo della 8ª Armata britannica. Le principali operazioni che videro impegnato il CIL furono la battaglia di Filottrano (luglio 1944), la progressiva avanzata attraverso l’Italia centrale, sostenendo azioni contro postazioni tedesche lungo il fiume Metauro e nella fase finale della liberazione delle Marche. […] La battaglia di Filottrano, in particolare, costò al CIL 1.149 perdite tra morti, feriti e dispersi, ma rappresentò una dimostrazione decisiva della piena affidabilità militare delle forze italiane cobelligeranti.
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I Gruppi di Combattimento: organizzazione, addestramento e impiego operativo
Dopo lo scioglimento del Corpo Italiano di Liberazione nel settembre 1944, il processo di ricostruzione delle forze armate italiane cobelligeranti proseguì con la creazione dei Gruppi di Combattimento. Queste formazioni, modellate sulla struttura delle brigate britanniche, costituirono il nucleo operativo dell’Esercito Italiano nella fase finale della guerra. […] Vennero costituiti sei Gruppi di Combattimento: “Cremona”, “Friuli”, “Folgore”, “Legnano”, “Mantova”, “Piceno”. Ogni Gruppo di Combattimento contava circa 4.500–5.000 uomini, articolati su due reggimenti di fanteria, un reggimento di artiglieria campale e unità specialistiche. […] Dal punto di vista operativo, il “Cremona” combatté in Romagna e partecipò alla liberazione di Ferrara e Venezia; il “Friuli” operò in Romagna e contribuì alla liberazione di Bologna nell’aprile 1945; il “Folgore” combatté sull’Appennino tosco-emiliano; il “Legnano” prese parte alla liberazione di Piacenza; il “Mantova” fu impegnato nella zona di Verona; il “Piceno” venne destinato a compiti logistici e di presidio. […] Nel corso della primavera del 1945, durante l’offensiva finale, i Gruppi di Combattimento italiani si trovarono in prima linea: contribuirono al forzamento del fiume Senio, attraversarono il Po e liberarono importanti centri urbani del nord Italia.
Esercito Cobelligerante Italiano e la Marina Cobelligerante
Parallelamente alla formazione dei Gruppi di Combattimento, prese progressivamente corpo l’Esercito Cobelligerante Italiano: una struttura militare regolare, posta sotto il comando del Regno del Sud, inquadrata operativamente dai comandi alleati ma destinata a rappresentare il risorgere delle forze armate nazionali. […] L’Esercito Cobelligerante, formato a partire dall’autunno del 1943, raggiunse nel 1945 una consistenza di circa 200.000 uomini, distribuiti tra i Gruppi di Combattimento, unità territoriali di presidio, reparti logistici e scuole militari di nuova costituzione. […] Tuttavia, all’interno di queste limitazioni, l’Esercito Cobelligerante riuscì a dare prova di professionalità, dedizione e spirito di sacrificio, contribuendo sia alla liberazione del territorio sia alla rinascita dell’identità nazionale.
Accanto all’esercito, la Marina Cobelligerante Italiana ebbe un ruolo meno appariscente ma altrettanto significativo. […] La Marina Cobelligerante operò soprattutto in attività antisommergibile nell’Adriatico e nello Ionio, scorte di convogli alleati, bonifica di mine sui litorali italiani, trasporto truppe e materiali nelle operazioni della campagna d’Italia. […] Nonostante le limitazioni operative imposte dagli Alleati, la Marina Cobelligerante riuscì a mantenere un profilo d’onore, salvaguardando l’eredità navale italiana e preparando la transizione verso la Marina della futura Repubblica.
Il ruolo delle forze di polizia e dei corpi speciali
L’Arma dei Carabinieri nella Resistenza e nella guerra regolare
[…] In Piemonte, Toscana, Lazio e Abruzzo, gruppi di carabinieri formarono nuclei clandestini, collaborando con i partigiani nella raccolta di armi, informazioni e vettovaglie, e talvolta assumendo il comando di intere bande partigiane. […] Con la creazione dei Nuclei Carabinieri per la Guerra di Liberazione, voluti dal governo Badoglio e sostenuti dal Comando Supremo Alleato, venne ridata una struttura organica a quelle forze che avevano saputo sfuggire alla cattura o alla dispersione. […] Non meno drammatico fu il prezzo pagato dall’Arma per la sua fedeltà all’ideale di libertà: secondo fonti ufficiali, furono circa 4.500 i carabinieri caduti tra il 1943 e il 1945, molti dei quali deportati in Germania o fucilati per essersi rifiutati di collaborare con l’occupante.
La Guardia di Finanza e le missioni clandestine
La Guardia di Finanza, meno numerosa ma altrettanto determinata, svolse anch’essa un ruolo di rilievo sia nel sostegno alla Resistenza sia nella guerra regolare. […]
Fin dal gennaio 1944, il governo del Sud costituì ufficialmente il Comando dei Finanzieri per la Guerra di Liberazione, formalizzando la presenza della Guardia di Finanza all’interno dell’apparato bellico cobelligerante. […] I finanzieri operarono non soltanto come forza militare ausiliaria, ma furono impiegati in attività particolarmente delicate: sabotaggi ai danni delle infrastrutture tedesche, raccolta di informazioni sui movimenti nemici, sostegno ai trasporti clandestini di materiali bellici e persone. […]
La partecipazione dell’Aeronautica e della Marina
L’Aeronautica Cobelligerante Italiana, costituita nell’autunno del 1943, raccolse circa 6.000 uomini e 281 velivoli, spesso vetusti e bisognosi di riparazioni. […] Tra le unità più attive si distinsero il 51° Stormo Caccia Terrestre e il 132° Gruppo Ricognizione Strategica, operanti in particolare sotto il controllo della 12ª Air Force statunitense. […]
Parallelamente, la Marina Cobelligerante si riorganizzò quasi immediatamente dopo l’armistizio. […] Con una forza di circa 20.000 marinai, la Marina si occupò principalmente della scorta ai convogli nel Mediterraneo, del dragaggio dei campi minati, e di missioni antisommergibile. […] Alcuni reparti provenienti dal glorioso Decimo MAS, rimasti fedeli alla monarchia, furono riorganizzati per condurre operazioni speciali contro obiettivi tedeschi lungo le coste adriatiche.
Dalla resistenza partigiana alle unità regolari
Inquadramento dei partigiani nei reparti regolari
L’Aeronautica Cobelligerante Italiana, costituita nell’autunno del 1943, raccolse circa 6.000 uomini e 281 velivoli, spesso vetusti e bisognosi di riparazioni. […] Tra le unità più attive si distinsero il 51° Stormo Caccia Terrestre e il 132° Gruppo Ricognizione Strategica, operanti in particolare sotto il controllo della 12ª Air Force statunitense. […] Parallelamente, la Marina Cobelligerante si riorganizzò quasi immediatamente dopo l’armistizio. […]
Con una forza di circa 20.000 marinai, la Marina si occupò principalmente della scorta ai convogli nel Mediterraneo, del dragaggio dei campi minati, e di missioni antisommergibile. […] Alcuni reparti provenienti dal glorioso Decimo MAS, rimasti fedeli alla monarchia, furono riorganizzati per condurre operazioni speciali contro obiettivi tedeschi lungo le coste adriatiche.
Le Brigate partigiane “nazionali” e la creazione delle Divisioni “Italiane” regolari
Con il procedere della liberazione del nord, in particolare dopo l’inverno 1944-1945, il problema della riorganizzazione delle formazioni partigiane divenne sempre più pressante. […] Nel marzo 1945 nacquero così ufficialmente le Divisioni “Italiane” regolari, come la Divisione Cremona, la Divisione Friuli e la Divisione Legnano, costituite riunendo partigiani provenienti da diverse brigate e reparti. […] La Divisione Cremona, ad esempio, si distinse nella liberazione di Venezia il 28 aprile 1945, mentre la Divisione Friuli partecipò attivamente all’offensiva finale sull’Appennino tosco-emiliano.
Divisioni italiane costituite da partigiani inquadrati (1944-1945)
Rapporto tra Alleati e partigiani italianizzati
Molti comandanti alleati, come il generale Alexander, mostrarono apprezzamento per l’azione dei partigiani, ma insistettero affinché essi venissero rapidamente disarmati o inquadrati sotto autorità italiane regolari. […] In particolare, le autorità alleate, preoccupate per le possibili derive rivoluzionarie, imposero al Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) clausole restrittive, culminate nei Protocolli di Roma del 7 dicembre 1944. Questi accordi prevedevano, tra l’altro, il disarmo delle formazioni partigiane e la cessione dei poteri al governo militare alleato al momento della liberazione dei territori. […] Numerosi episodi documentano questa tensione: a Bologna, il 21 aprile 1945, le truppe della Divisione Friuli e i partigiani della 7ª Brigata GAP “Gianni” si incontrarono tra diffidenze reciproche prima di unirsi nell’ingresso in città. […]
Le principali campagne e battaglie
Dal sud alla linea Gotica: l’avanzata alleata e il contributo italiano
Il Primo Raggruppamento Motorizzato, costituito il 27 novembre 1943, fu la prima formazione organica italiana a schierarsi accanto agli Alleati. Composto da circa 5.000 uomini, raccolti tra reparti fedeli e volontari sfuggiti alla cattura tedesca, venne rapidamente addestrato e dotato di equipaggiamento misto anglo-americano. […] Con l’inizio del 1944, la presenza militare italiana si ampliò con la nascita del Corpo Italiano di Liberazione (CIL), forte di circa 20.000 uomini, suddivisi in due divisioni operative (Nembo e Legnano). […]
Durante l’offensiva contro la Linea Gotica (agosto 1944-aprile 1945), i Gruppi di Combattimento italiani operarono sotto comando britannico, distinguendosi nei combattimenti in Toscana, Emilia e Romagna. […] La liberazione di Ravenna da parte del “Cremona” (dicembre 1944), la partecipazione del “Legnano” e del “Friuli” nella battaglia per Bologna (aprile 1945), portarono a piena maturazione il riscatto militare italiano.
Monte Lungo, la prima prova del CIL
La battaglia di Monte Lungo costituisce il primo atto del riscatto militare italiano nella Guerra di Liberazione. […] Dopo settimane di addestramento in condizioni difficili, il Primo Raggruppamento Motorizzato ricevette l’ordine di attaccare il caposaldo tedesco di Monte Lungo, allora presidiato dalla 15ª Divisione Panzergrenadier. […] La prima azione ebbe luogo l’8 dicembre 1943, in condizioni atmosferiche proibitive. […] Nonostante l’insuccesso iniziale, l’animo dei combattenti non si piegò. […] La notte del 15 dicembre, dopo un violento bombardamento preparatorio americano, gli italiani, affiancati da elementi della 36ª Divisione Texas, tornarono all’assalto. All’alba del 16 dicembre 1943, la bandiera italiana sventolava nuovamente su Monte Lungo. […] La conquista di Monte Lungo ebbe un’eco profonda tra gli Alleati. […] Dopo Monte Lungo, un nuovo banco di prova attendeva le forze italiane: la conquista di Monte Marrone.
Monte Marrone e la Linea Gustav
Se Monte Lungo aveva simboleggiato il primo riscatto, fu a Monte Marrone che il Corpo Italiano di Liberazione dimostrò pienamente il proprio valore operativo. […]
Situato nelle Mainarde, tra Lazio e Molise, il massiccio rappresentava un baluardo naturale chiave per il controllo della Linea Gustav. […] A marzo 1944, con i sentieri ancora ghiacciati e la neve alta, il Battaglione Alpini “Piemonte”, inquadrato nel CIL, ricevette l’ordine di prendere la vetta. […] La notte tra il 30 e il 31 marzo 1944, in un silenzio irreale, gli alpini scalarono le pendici orientali, carichi solo del necessario per il combattimento. […] Alle prime luci del 31 marzo, il tenente colonnello Franco Cravarezza, al comando, guidò l’assalto finale: i reparti italiani conquistarono la cima, cogliendo di sorpresa il presidio tedesco. […] Le perdite furono gravi: 32 alpini caduti, oltre 80 feriti, ma il Monte rimase nelle mani italiane. […] Con la liberazione di Roma nel giugno 1944, il fronte si spostò rapidamente a nord. […]
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Emilia-Romagna e il contributo dei reparti italiani
[…] I Gruppi di Combattimento “Folgore”, “Legnano” e “Cremona” si distinsero nei settori più impegnativi. Nel gennaio 1945, il Gruppo di Combattimento “Folgore”, agli ordini del generale Giorgio Morigi, combatté duramente nella zona di Faenza, sfidando il rigido inverno e le difese tedesche. […] Tra marzo e aprile 1945, durante l’Operazione “Grapeshot”, i reparti italiani combatterono aspramente sul fiume Senio, ad Alfonsine e in tutta la Romagna. […] I Gruppi di Combattimento “Friuli” e “Cremona” contribuirono in maniera determinante alla liberazione di città come Lugo, Alfonsine, Russi e Ravenna. […] Solo nel mese di aprile 1945, i Gruppi di Combattimento persero circa 1.200 uomini tra morti e feriti. […] La loro partecipazione culminò nella liberazione di Bologna il 21 aprile 1945. […]
I combattenti italiani riconquistarono l’onore militare e si riaffermarono come protagonisti della propria liberazione. […]
I caduti, i dispersi, i reduci
Le perdite tra i militari cobelligeranti
La partecipazione delle Forze Armate italiane cobelligeranti alla Guerra di Liberazione comportò un prezzo altissimo in termini umani. Secondo i dati ufficiali, circa 95.000 militari italiani risultarono tra morti e dispersi tra il settembre 1943 e il maggio 1945. Le cifre riguardano non solo le battaglie più celebri come Monte Lungo, Monte Marrone o la Linea Gotica, ma anche una miriade di scontri locali e operazioni minori, dove i soldati italiani operarono al fianco degli Alleati, spesso in condizioni estreme di inferiorità numerica e materiale. […] Il tasso di perdite, superiore al 15% degli effettivi impiegati nei reparti combattenti, è testimone della durezza dei combattimenti affrontati e della determinazione con cui gli italiani contribuirono alla liberazione del loro stesso paese. Non meno significativo fu il tributo pagato nelle operazioni di logistica, sminamento, ricognizione, nei servizi di retrovia. […] Molti ufficiali superiori e giovani sottotenenti trovarono la morte guidando personalmente i loro uomini all’assalto. Le cronache registrano episodi di straordinario coraggio: tra i tanti, si ricordano il colonnello Ezio Rosi, il maggiore Ferruccio Orlandi e il tenente Enrico Cavalli, decorati alla memoria. […]
La tragedia degli internati militari italiani (IMI)
Una delle tragedie meno raccontate della Seconda guerra mondiale riguarda gli Internati Militari Italiani (IMI). […] Dopo l’armistizio, circa 600.000 soldati italiani furono catturati dalle truppe tedesche, deportati nei lager del Terzo Reich e sottoposti a un trattamento durissimo. Rifiutando in massima parte di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, gli IMI furono considerati “traditori” dal regime nazista: privati dello status di prigionieri di guerra, impiegati come lavoratori forzati in condizioni disumane, spesso destinati a morire di fame, stenti o malattie nei campi. […] Si calcola che circa 50.000 internati non fecero ritorno. Le testimonianze sopravvissute — come quelle raccolte da Nuto Revelli in La strada del davai — restituiscono un quadro di sofferenze estreme, ma anche di straordinaria dignità. Tanto che la vicenda degli IMI costituisce oggi uno dei capitoli più dolorosi e, per lungo tempo, meno riconosciuti della storia nazionale.
La memoria dei combattenti regolari esce dall’oblio
Nel dopoguerra, il contributo dei militari regolari cobelligeranti venne a lungo marginalizzato nel dibattito pubblico e nella memoria collettiva. […] Il racconto militare e politico della Resistenza civile e partigiana, pur centrale e sacrosanta, finì col mettere in ombra l’opera delle Forze Armate regolari, ritenute da alcuni legate alla monarchia e quindi compromesse. Solo negli ultimi decenni, grazie a una nuova stagione di studi storici, si è restituito pieno riconoscimento al sacrificio dei militari italiani che, dopo il crollo del fascismo, contribuirono alla rinascita della democrazia.
Oggi monumenti, lapidi e commemorazioni rendono omaggio ai caduti dei Gruppi di Combattimento, del Corpo Italiano di Liberazione, della Marina e dell’Aeronautica cobelligeranti. I reduci, in gran parte rimasti nell’anonimato, ricevettero riconoscimenti solo tardivamente: medaglie al valore, encomi solenni e, in alcuni casi, il riconoscimento dell’onore militare. […] Accanto al doveroso tributo alla lotta partigiana e al sacrificio degli Alleati, è giusto rendere onore anche agli uomini delle Forze Armate regolari che, dopo l’armistizio di Cassibile, scelsero di riscattare l’onore nazionale con le armi e con l’esempio. Fu anche grazie al loro coraggio, al loro sacrificio e alla loro dedizione che l’Italia rinacque dalle macerie con dignità, nella pace e nella libertà.
Figlia di quella lotta sanguinosa, questa Repubblica ci consegna oggi l’eredità preziosa: sta a noi, cittadini liberi, esserne degni custodi ogni giorno.
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Bibliografia essenziale
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- R. BATTAGLIA, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964. Uno dei primi e più celebri testi organici sulla Resistenza, scritto da un protagonista della lotta partigiana.
- R.J.B. BOSWORTH, Mussolini’s Italy: Life under the Fascist Dictatorship, 1915-1945, London, Penguin Books, 2006. Una panoramica autorevole della società italiana sotto il Fascismo, utile per contestualizzare la crisi del regime.
- G. BONCI, G. BRECCIA, Le grandi vittorie dell’esercito italiano, Roma, Newton Compton Editori, 2021. Volume divulgativo che ripercorre le principali imprese militari italiane, inclusa la cobelligeranza.
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- G. DE LUNA, La Resistenza perfetta, Milano, Feltrinelli, 2015. Riflessione critica sulla Resistenza, che analizza luci e ombre della narrazione resistenziale.
- F. MALGERI, La cobelligeranza italiana 1943-1945, Roma, Ufficio Storico SME, 1998. Il volume più completo sulla storia della cobelligeranza, basato su fonti militari ufficiali.
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- UFFICIO STORICO SME, Gruppi di Combattimento 1944-1945. Documenti e testimonianze, Roma, 1990. Raccolta preziosa di documenti e testimonianze sui reparti cobelligeranti italiani.
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- L. VILLA, Gli internati militari italiani. Una resistenza senz’armi 1943-1945, Torino, Einaudi, 2012. Studio fondamentale sugli IMI come forma di resistenza morale e civile contro il nazismo.
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D. BAGGIANI, Combattere per la Libertà. Il contributo delle Forze Armate italiane “cobelligeranti” nella Guerra di Liberazione 1943-1945, 2025, 42 pp.