la redazione
Il telefono dei partigiani
Ha viaggiato nel tempo più che nello spazio, e oggi riposa al Museo Gotica Toscana di Ponzalla. Ma nel 1944, questo telefono da campo tedesco portò una delle notizie più attese da una città intera: l’ordine per l’insurrezione di Firenze.
È piccolo, di bakelite nera, con i timbri militari impressi sul coperchio.
Oggi, quel telefono è custodito al MUGOT – Museo Gotica Toscana – grazie al gesto di Gabriella Breri, figlia di Erio Breri, il vigile urbano fiorentino che lo nascose tra gli Uffizi e Palazzo Vecchio nei giorni più drammatici dell’occupazione nazifascista. Con l’apparecchio, Gabriella ha donato anche la bobina del cavo telefonico (di fabbricazione inglese) che permise il collegamento attraverso il Corridoio Vasariano, un tubo metallico usato per far scendere i messaggi e il nastro in tela – ricavato da una cintura da mitragliatrice – con cui venivano recuperati. Insieme, questi oggetti raccontano una storia vera, nascosta tra i muri di Firenze e le pieghe della guerra.
Cinque giorni sotto copertura
Era il 6 agosto 1944. Firenze era ancora divisa: l’Arno faceva da linea del fronte. I ponti erano stati distrutti, ma il Corridoio Vasariano, miracolosamente risparmiato, divenne la via segreta dei partigiani. Il primo a percorrerlo fu il partigiano Enrico Fisher, comandante della III compagnia di “Giustizia e Libertà”. Subito dopo, fu steso il cavo. Da quel momento, Breri e altri agenti municipali, pur mantenendo la divisa, divennero “centralinisti clandestini”. Con un telefono tedesco, collegarono i partigiani rimasti nel centro con gli alleati oltre il fiume.
Breri si nascose nella Torre di Arnolfo, poi si spostò agli Uffizi. Dormiva poco, era sempre in allerta. Il 7 agosto, una pattuglia tedesca si spinse fino al corridoio: il gruppo smontò in fretta tutto il sistema. Nessuno fu scoperto. Qualche ora dopo, le comunicazioni ripresero. E continuarono fino al 10 agosto, quando dalla linea arrivò la frase chiave: “Pronti per l’insurrezione”. Il giorno seguente, la Martinella di Palazzo Vecchio diede il segnale per la sollevazione. Firenze era di nuovo libera.
Un’eredità importante: il filo invisibile
La storia è rimasta viva grazie al diario meticoloso di Breri, oggi nelle mani della figlia Gabriella, insieme agli oggetti originali. Per decenni conservò tutto nella sua casa, sapendo che un giorno sarebbe servito a raccontare. E così è stato.
Ora “il telefono della libertà”, come lo ha ribattezzato il MUGOT, fa parte del percorso museale dedicato alla Liberazione.
Un oggetto muto, sì, ma più eloquente di molti racconti. Visitandolo, si percepisce quel “filo invisibile” che unì la prudenza alla speranza, la tecnica al coraggio. Un filo che attraversava l’Arno ma, soprattutto, la coscienza di chi decise di fare la cosa giusta.