Natale 1944: l’Operazione “Wintergewitter” e la Battaglia della Garfagnana

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a cura di Daniele Baggiani

Contesto storico

Durante il Natale del 1944, la Garfagnana fu teatro dell’Operazione “Wintergewitter” (Tempesta d’Inverno), un’offensiva congiunta delle forze tedesche e della Repubblica Sociale Italiana (RSI) contro le posizioni alleate nella valle del Serchio. Questo attacco, noto anche come “Offensiva di Natale” o “Battaglia della Garfagnana”, rappresentò l’ultima significativa azione dell’Asse sul fronte italiano. L’operazione ebbe inizio nella notte tra il 25 e il 26 dicembre lanciando un attacco a sorpresa contro le posizioni americane nella zona. “Quella notte segnò l’inizio di un incubo per la popolazione civile e per i soldati alleati, colti di sorpresa in un settore che fino a quel momento era stato relativamente tranquillo”. Le truppe tedesche e italiane speravano di ottenere con questo attacco un vantaggio strategico significativo. L’idea era di arrivare fino a Lucca e magari fino a Livorno. Certamente l’obiettivo immeditato era di costringere gli Alleati a ridistribuire le proprie forze lungo la Linea Gotica per rallentare l’avanzata verso nord, verso Bologna. Gli americani erano infatti fermi sul fronte dei gessi da circa due mesi a 25 km da Bologna. E si può dire oggi che l’Offensiva ebbe il suo effetto contribuendo gli Alleati a riprendere l’offensiva verso il Nord Italia solo a primavera.  Sebbene sia stata sottostimata dalla storiografia tradizionale, l’Operazione Wintergewitter costituisce un evento importante per comprendere le complesse dinamiche del conflitto sul fronte italiano. La scelta di attaccare nella Garfagnana, una regione montuosa e difficilmente accessibile, rifletteva l’intenzione dell’Asse di sfruttare il terreno a proprio vantaggio. Tuttavia, le condizioni climatiche avverse e la disparità numerica tra le forze in campo resero l’operazione estremamente complessa. Come riportato da fonti contemporanee, “le forze dell’Asse riuscirono inizialmente a sfondare, ma ben presto si trovarono intrappolate tra le difficoltà logistiche e la rapida reazione alleata”. Gli obiettivi dell’Asse, volti a distrarre gli Alleati e guadagnare tempo per le difese nel nord Italia, si scontrarono con una reazione impari che in breve, in soli quattro giorni riuscì a riconquistare le posizioni perdute intervenendo con molti rinforzi. Uno scontro militare pesantissimo per il territorio, che lasciò un segno indelebile sulla popolazione civile locale. “I bombardamenti, gli scontri a fuoco e le perdite umane trasformarono il Natale del 1944 in un ricordo tragico per tutta la Garfagnana”.

Le ragioni dell’offensiva

Nel dicembre 1944, mentre l’offensiva tedesca nelle Ardenne sconvolgeva il fronte occidentale, il comando tedesco decise di sfruttare la staticità del fronte italiano per lanciare un’azione d’attacco nella Garfagnana nell’intento di arrivare fino a Lucca. Il generale Otto Fretter-Pico, comandante della 148ª Divisione di Riserva tedesca (che inquadrava anche la Divisione Italiana degli Alpini “Monterosa”), ideò un piano audace che prevedeva un attacco concentrico per colpire le posizioni alleate nella valle del Serchio. L’operazione fu approvata dal maresciallo Rodolfo Graziani, comandante delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana (RSI), che vide in questa azione un’opportunità per dimostrare il valore dell’Esercito Repubblicano. La Valle del Serchio, con il suo terreno montuoso e difficilmente accessibile, era un obiettivo ideale per un attacco di sorpresa. Le montagne offrivano un vantaggio tattico per le truppe dell’Asse, ben addestrate alla guerra in condizioni difficili. Inoltre, il settore era presidiato soltanto dalla 92ª Divisione di Fanteria statunitense, composta prevalentemente da soldati afroamericani, inesperti e non molto apprezzati perfino dai loro stessi comandanti. Come riportato da fonti contemporanee, “il comando alleato aveva sottovalutato la vulnerabilità del settore occidentale, ritenendolo un’area secondaria e meno esposta agli attacchi nemici”. L’attacco dell’Asse tedesco-italiano si sarebbe svolto su tre direttrici principali, ciascuna con obiettivi specifici. La prima colonna avrebbe puntato a Sommocolonia, la seconda a Barga, e la terza avrebbe coperto il fianco destro per evitare contrattacchi alleati. Era un piano estremamente ambizioso il cui successo dipendeva da una serie di fattori, tra cui l’effetto sorpresa, la rapidità d’azione e la capacità di mantenere le posizioni conquistate. Il periodo natalizio non fu scelto a caso: si sperava che gli Alleati fossero meno preparati a causa delle festività. “L’idea era di cogliere il nemico di sorpresa, sfruttando l’apparente tranquillità del fronte e il clima rigido per rendere difficile la risposta alleata”.

L’Esercito Nazionale Repubblicano e la Divisione Alpini “Monterosa”

L’Esercito Nazionale Repubblicano (ENR), istituito dalla Repubblica Sociale Italiana (RSI) nell’ottobre 1943, fu concepito per integrare gli sforzi bellici delle forze dell’Asse sul fronte italiano, pur mantenendo una certa autonomia che permetteva alla RSI di preservare una propria identità militare. Sebbene sottoposto al controllo diretto dei comandi tedeschi, l’ENR rappresentò una delle principali espressioni militari della RSI durante il conflitto. Al culmine della sua operatività, l’ENR poteva contare su circa 30.000 soldati regolari, supportati da 72.000 membri della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), che svolgevano prevalentemente compiti di sicurezza interna e polizia. Tra le unità di maggior rilievo spiccavano la Divisione Alpina “Monterosa” e il Battaglione “San Marco”. La Divisione Monterosa, composta da circa 15.000 uomini, prevalentemente giovani reclute addestrate nei centri specializzati della Wehrmacht in Germania, era guidata dal generale Mario Carloni. Progettata per operazioni in terreni montuosi, la Monterosa era strutturata in due reggimenti di fanteria alpina e un reggimento di artiglieria da montagna, dotato di pezzi da 75 mm, adatti a operazioni in ambienti impervi.

A partire dalla fine di ottobre 1944, i reparti della Monterosa furono dispiegati lungo il settore occidentale della Linea Gotica, tra il Monte Altissimo e il Monte Romecchio, in sostituzione della 42ª Divisione Jäger tedesca. Questo schieramento comprendeva il comando della divisione, il comando del 1° Reggimento Alpini con i battaglioni “Intra”, “Brescia” e parte dell'”Aosta”, il comando del Reggimento Artiglieria con i gruppi “Mantova” e “Bergamo”, il Gruppo Esplorante, il Battaglione Pionieri, il Battaglione Collegamenti, unità di supporto logistico e sanitario, e la compagnia controcarro divisionale. A queste forze si unì il 2° Battaglione della Fanteria di Marina della Divisione San Marco. Durante il periodo tra ottobre e dicembre 1944, il settore occidentale della Linea Gotica fu teatro di intensi scontri. Le forze della Monterosa affrontarono attacchi coordinati da parte della divisione brasiliana e della 92ª Divisione di Fanteria statunitense. Gli scontri si conclusero spesso con contrattacchi delle truppe alpine che riuscirono a mantenere le proprie posizioni, infliggendo pesanti perdite al nemico, nonostante le difficoltà imposte dal clima invernale e dalle caratteristiche del territorio montuoso delle Alpi Apuane.

Il culmine delle operazioni in questo settore si ebbe con l’unica offensiva sul fronte italiano che vide le forze italo-tedesche prendere l’iniziativa, costringendo le truppe alleate alla ritirata: l’Operazione “Wintergewitter” che andiamo a raccontare. Basti dire qui che l’azione offensiva fu caratterizzata da attacchi mirati, nei quali la Divisione Monterosa svolse un ruolo cruciale. Il piano prevedeva la conquista dei centri di Barga, Sommocolonia e altre posizioni strategiche nella Valle del Serchio. I reparti della Monterosa sfruttarono la loro esperienza nel combattimento in ambienti montani e le difficili condizioni climatiche per infliggere danni significativi alle difese alleate. Tuttavia, l’operazione comportò anche pesanti perdite: nei primi tre giorni di scontri, si stima che la divisione abbia subito oltre 200 tra morti e feriti. Oltre ai combattimenti diretti, le unità della Monterosa furono impiegate in operazioni di rastrellamento nella valle, mirate a contrastare le attività partigiane e a consolidare il controllo del territorio. Queste azioni, però, contribuirono a esacerbare le tensioni con la popolazione civile, alimentando l’ostilità nei confronti delle forze dell’Asse. La Divisione Monterosa, pur mostrando capacità operative significative, rimane emblematica delle contraddizioni morali e politiche che caratterizzarono l’esperienza dell’Esercito Nazionale Repubblicano. Molti soldati si arruolarono per ragioni economiche o per evitare persecuzioni, e un numero significativo disertò per unirsi ai partigiani. La storia della Monterosa, tra contributi militari e difficoltà morali, riflette appieno le complessità del conflitto che coinvolse l’Italia negli anni finali della Seconda Guerra Mondiale.

La strategia d’attacco

L’Operazione “Wintergewitter” (Tempesta d’Inverno) iniziò ufficialmente nella notte tra il 25 e il 26 dicembre 1944, quando le forze dell’Asse, costituite da truppe tedesche e italiane, lanciarono un attacco coordinato contro le posizioni alleate nella valle del Serchio. L’operazione fu concepita per sfruttare l’effetto sorpresa: l’attacco ebbe inizio senza alcun bombardamento preparatorio, in modo da cogliere gli Alleati completamente impreparati. Già il 24 dicembre serpeggia voce di un’imminente offensiva tedesca. Sotto nutriti bombardamenti la popolazione va alle messe di Natale. Le forze dell’Asse in preparazione dell’attacco sono suddivise in tre colonne principali. La prima, guidata dal Battaglione Mittenwald, era composta da truppe alpine tedesche aventi come obiettivo di accerchiare e occupare Sommocolonia, una posizione chiave per il controllo della valle. La seconda colonna era diretta verso Barga, mentre la terza mirava a Coreglia. In particolare, l’ordine di battaglia su tre colonne era il seguente: Prima colonna: 1º Battaglione, Grenadier-Regiment 285 (148. Infanterie-Division), 2º Battaglione, Grenadier-Regiment 285 (148. Infanterie-Division); Seconda colonna: 3º Battaglione alpini “Intra”, 1º Reggimento alpini (Divisione “Monte Rosa”), 1º Battaglione alpini “Brescia”, 2º Reggimento alpini (Divisione “Monte Rosa”), 2º Battaglione, 6º Reggimento fanteria di marina (Divisione “San Marco”), 23º Reparto esplorante (Divisione “Monte Rosa”); Terza colonna: 4º Battaglione Gebirgsjäger (148. Infanterie-Division), Battaglione Gebirgsjäger “Mittenwald” (148. Infanterie-Division), Battaglione mitraglieri “Kesselring” (148. Infanterie-Division) il quale fu supportato da un’intensa attività di artiglieria che colpì le difese alleate con oltre 1.500 colpi nelle prime ore dell’offensiva. L’obiettivo dell’azione era la conquista dei piccoli centri di Barga, Sommocolonia, Vergemoli, Treppignana, Coreglia, Fornaci di Barga, Promiana, Castelvecchio e Calomini, situati a nord-ovest di Lucca. A Sommocolonia, in particolare, dove si svolse la battaglia più importante, si trovano una quarantina di soldati americani, guidati dal Tenente Jenkins e una venticinquina di partigiani dell’XI Zona Patrioti, guidati da Pier Donato Sommati. I due, visti strani movimenti, mandano a domandare rinforzi, ma il comando americano non prende in considerazione la richiesta. Sommacolonia è sotto attacco. Il villaggio viene rapidamente accerchiato. L’attacco ebbe inizio con un pesante bombardamento, seguito da un assalto frontale delle forze dell’Asse. “Le esplosioni illuminavano la notte, mentre il villaggio tremava sotto il fuoco incessante dell’artiglieria,” riportano i resoconti dell’epoca. Nonostante la tenace resistenza degli Alleati, Sommocolonia cade il pomeriggio del 26 dicembre. A Sommocolonia si trovano una quarantina di soldati americani, guidati dal ten. Jenkins, e una venticinquina di partigiani dell’XI Zona Patrioti guidati da Pier Donato Sommati. I due, visti strani movimenti, mandano a domandare rinforzi ma il comando americano non prende in considerazione la richiesta. L’avanzata delle altre colonne fu altrettanto rapida. A Barga, le difese alleate furono sopraffatte, costringendo i reparti americani a una disordinata ritirata. Entro il 27 dicembre, le forze italo-tedesche avevano guadagnato oltre 25 chilometri di territorio, raggiungendo Calavorno e minacciando le retrovie alleate. Tuttavia, l’assenza di rinforzi e il massiccio intervento dell’aviazione alleata fermarono l’offensiva entro il 30 dicembre. La durata dell’Operazione Wintergewitter fu di appena quattro terribili giorni.

L’andamento delle operazioni

Le operazioni offensive iniziarono con il movimento della terza colonna, composta principalmente da unità di Gebirgsjäger, le truppe da montagna tedesche. Questa formazione condusse l’attacco lungo il lato orientale del fiume Serchio, concentrando la propria azione contro l’ala destra del dispositivo difensivo americano, rappresentato dal 370th Regimental Combat Team, un’unità statunitense equivalente al modello operativo tedesco di Kampfgruppe, appartenente alla 92ª Divisione di Fanteria. L’obiettivo principale della terza colonna era il controllo del villaggio strategico di Sommocolonia, che divenne teatro di combattimenti particolarmente cruenti. A Sommocolonia, una compagnia del 2° Battaglione del 366th Infantry Regiment, supportata da partigiani italiani, oppose una tenace resistenza contro le forze tedesche. Gli scontri iniziarono nelle prime ore del mattino e proseguirono per l’intera giornata. Solo in serata i superstiti americani e partigiani, ridotti a diciotto uomini, furono costretti a ritirarsi dall’abitato. Le perdite furono pesanti su entrambi i fronti: il bilancio complessivo della battaglia contò sette civili uccisi, sette partigiani caduti (più cinque dispersi), quarantatré soldati americani morti (e cinque dispersi), settanta militari tedeschi uccisi (oltre a quindici dispersi), per un totale di 132 caduti e decine di feriti. Sommocolonia subì inoltre ingenti danni strutturali: oltre la metà delle abitazioni fu distrutta, la chiesa parrocchiale venne completamente rasa al suolo, mentre la Rocca, la torre e l’acquedotto riportarono gravi danneggiamenti. Nei giorni seguenti, i bombardamenti massicci aggravarono ulteriormente lo stato del villaggio. Sul fianco sinistro dell’attacco, il battaglione Gebirgsjäger “Mittenwald” svolse un ruolo cruciale assicurando il controllo di Bebbio e Scarpello. Questi obiettivi furono raggiunti dopo aver sopraffatto le posizioni avanzate del 92nd Cavalry Reconnaissance Troop, l’unità da ricognizione della 92ª Divisione statunitense. Alle 14:00, l’ala destra americana era stata completamente sfondáta, con le truppe in ritirata verso sud. I tedeschi stabilirono una nuova linea avanzata che includeva i villaggi di Barga e Coreglia Antelminelli, occupati dopo intensi combattimenti nella mattinata successiva. Il 27 dicembre, alle prime ore del mattino, entrarono in azione anche le forze italiane assegnate alla seconda colonna. Questi reparti, appoggiati dal fuoco di artiglieria della Divisione Alpina “Monte Rosa” e della 148ª Infanterie-Division tedesca, attaccarono le posizioni americane a sud di Castelnuovo di Garfagnana e sul lato occidentale del Serchio. Pressati simultaneamente sul fronte e sul fianco destro, ormai compromesso, i reparti americani iniziarono una ritirata disordinata verso sud. A questa fase parteciparono anche i due battaglioni della prima colonna tedesca, che sfruttarono l’avanzata delle altre due colonne per entrare in battaglia. Entro la serata del 27 dicembre, le forze italiane erano riuscite a conquistare Gallicano, mentre sul lato opposto del Serchio i Gebirgsjäger avanzavano occupando Fornaci di Barga, abbandonata dai reparti americani. L’avanzata italo-tedesca copriva ormai un fronte di 20 chilometri, con una profonditá variabile tra gli 8 chilometri al centro e i 2 chilometri ai lati. Le operazioni proseguirono il 28 dicembre: le unità tedesche avanzarono lungo il fiume Serchio, raggiungendo il villaggio di Calavorno, mentre i reparti italiani si impadronirono di Bolognana. Nonostante i successi iniziali, l’azione offensiva andò progressivamente esaurendosi. La mancanza di rimpiazzi e di unità corazzate impedì di sfruttare appieno i vantaggi ottenuti e di inseguire le truppe americane in ritirata. Gli scontri del 28 dicembre segnarono l’epilogo di una delle ultime offensive coordinate delle forze italo-tedesche sul fronte italiano.

La battaglia del 26 dicembre 1944 a Sommocolonia1

Pomeriggio del 25 dicembre ‘44, Natale. Il plotone del Battaglione Autonomo Patrioti al comando di “Leone” è appena smontato, ma rimane in paese. Festeggiano il Santo Natale. Il Ten. Sommati, un ufficiale del Regio Esrecito Italiano, che combatte nelle file della XI Zona (assieme a molti altri ex ufficiali e sottufficiali del R.E.I.), assieme al collega americano Ten. Jenkins, ha la percezione che i tedeschi attaccheranno presto. Ci sono precisi segnali rivelatori. Per questo Sommati e Jenkins inviano urgentemente la sera del 25 un messaggio a mano al Comando a Barga, tramite il patriota Corneli Ambrogio detto “Balistite”; gli ufficiali che lo leggono non gli danno importanza e rimandano indietro il patriota messaggero, schernendolo per la troppa preoccupazione. L’attacco a Sommocolonia inizia verso le 04,00 del 26 dicembre, con la 3.a Compagnia del 4° Hoch che attacca frontalmente il paese, proveniente dalla strada di Lama. La compagnia incappa involontariamente in un campo minato difensivo la cui posizione era stata variata alcuni giorni prima e che provoca 46 perdite; praticamente più di mezza compagnia, tanto che viene “scavalcata” dalla 2.a Compagnia che attacca dal basso Sommocolonia salendo dalla selva della Mariola. Alcuni tedeschi sono peraltro riusciti a penetrare il perimetro difensivo del paese già dal mattino presto del 26, dalla parte bassa provenienti da Pruno, approfittando anche della “allentata” sorveglianza che la festività natalizia della sera precedente ha indotto nei soldati di colore della 92.a Buffalo. Il fragoroso scoppio delle mine nel campo minato, riportato intorno alle 05.00, provoca la decisa reazione dell’avamposto a Monticino tenuto dai patrioti della XI Zona, che dispone di una mitragliatrice pesante Browning. I partigiani combattono accanitamente sul caposaldo impedendo a lungo che le truppe in attacco penetrino da nord. Questa forte resistenza è degna di rilievo. I patrioti resistono fino alle 10,30 e cadono solo perché colpiti alle spalle dal fuoco che proviene dalla Rocca, ormai conquistata dai tedeschi che rivolgono le armi pesanti americane verso il caposaldo. Vi muoiono in combattimento i partigiani: Casolari Italo, Caselli Riccardo, Minelli Giacomo, Venturelli Albano. Sono poi i 2 mortai medi da 81 schierati a Sommocolonia in via della Piazzola, nella parte bassa del paese, che reagiscono e aprono fuoco di sbarramento sul davanti delle truppe attaccanti. Il combattimento in paese è furioso e molto violento. Casa per casa.

I civili si sono rinchiusi nelle cantine delle case, chiamate “fondi”, il cui spessore dei muri portanti protegge i paesani in modo encomiabile. Durante questo attacco muoiono i primi due civili innocenti. Il fatto di sangue avviene al mattino presto. Alle 7 i tedeschi irrompono nelle prime case del paese, in via della Bulitoia, e in una abitazione prima del piazzaletto, Mario Cassettari di anni 29 viene ucciso sulla porta di casa da un soldato che lo centra con un colpo di fucile. Lascia la moglie e due figlie Maria e Lidia. Nella casa accanto un altro soldato spara inutilmente una lunga raffica di mitra attraverso una porta chiusa. I colpi raggiungono il bambino Giuliano Nardini di 4 anni che muore, in braccio alla mamma; altri 7 proiettili feriscono gravemente il fratellino Nardino di anni 11. Successivamente un partigiano, Giocondo Gonnella di Tiglio detto “Fragolino”, viene sorpreso in una casa in Piazza San Rocco, e ucciso. Verrà gettato dalla finestra della abitazione nella piazza sottostante. Non è veritiera la notizia che viene evirato; nessuno dei testimoni oculari che passano accanto al cadavere, conferma questo particolare.

Sia i tedeschi che gli alleati fanno largo uso delle artiglierie – scoppianti, fumogeni e incendiari – che colpiscono ripetutamente l’abitato, distruggendo oltre il 50% delle abitazioni. I primi per appoggiare il loro sforzo offensivo, gli altri per tentare di fermare l’avanzata. Una intera fascia di 19 abitazioni sotto la chiesa, viene completamente rasa al suolo. I combattimenti proseguono feroci nel piccolo abitato; l’attacco tedesco progredisce verso la parte più a sud del paese, detta “ Monte” e verso la parte bassa, la “Piazzola” . Ad un partigiano di Ponte a Sestaione Torello Tonarelli, peraltro malato di tubercolosi, vengono attribuiti colpiti oltre 20 soldati tedeschi. Durante i combattimenti della prima mattinata, perisce in combattimento a seguito del bombardamento il Ten. Pier Donato Sommati, anni 23 di Livorno. Verso le ore 11 muore anche il ten. Jhon R. Fox “Forward Observer” asserragliato nella torre in Rocca. Fox richiede il fuoco di artiglieria al Fire Detection Center del 598th Field Artillery Battalion, schierato a Loppia, dando come ultima correzione la sua posizione che quindi viene colpita dalle proprie artiglierie; verrà ritrovato ucciso sotto le macerie. Riguardo al ten. Fox, vi è anche la notizia della sua uccisione a opera di tiratori scelti tedeschi della 3^Compagnia del 4° Hoch. Il fatto non è in contrasto con quello precedente. E’ possibile, anzi molto probabile, che siano avvenuti quasi contemporaneamente e comunque non sviliscono affatto la coraggiosa figura del ten. Fox. Con lui decedono colpiti, anche il suo conduttore e il radiofonista. Assieme a loro, muore dopo un feroce combattimento il collega americano Ten. Jenkins. L’ultima comunicazione radio con il comando a Barga porta il suo saluto per la moglie, il figlio (the kid…) e la mamma.

I nuclei mitraglieri del battaglione Kesserling, schierati già dalla notte precedente controllano la via di accesso della mulattiera, in località “I Fonti”, impedendo la risalita di un plotone di rinforzo mandato dal Comando americano, e colpendo i soldati che cercano di sganciarsi e di ripiegare. Faranno una carneficina. Una compagnia inviata dal Comando del II Battaglione (e che probabilmente sarebbe stata determinante ndr) viene “dirottata” dal comando del 370 R.C.T, verso il Monte Vano a protezione del fianco sinistro di Barga, senza peraltro avvertire né il caposaldo di Sommocolonia (che la attende), né il Comando di Battaglione, che è sicuro di aver inviato rinforzi. Questa confusione di ordini e contrordini contribuisce non poco al successo dello sfondamento del fronte da parte delle truppe dell’Asse. Soltanto un piccolo nucleo di patrioti guidati da Antonio Makric “lo Slavo”, riesce a portare aiuto risalendo da Barga. Si attesta in casa Olivieri nella parte bassa del paese. Combatte fino alle ore 11-11,30.

Il patriota Francesco Fontana di Castelvecchio Pascoli, arruolato da poco nella formazione della XI Zona, dopo aver colpito un ufficiale tedesco, mentre cerca di recuperare la sua pistola, rimane ferito a morte da una scheggia di granata alla gola. Assieme ad altro patriota detto “Balilla”, lo “Slavo” approfittando della conoscenza della lingua tedesca, trarrà in inganno numerosi tedeschi che affacciandosi in cima alla via della Piazzola cadono sotto le fucilate dei due patrioti. Si ritirano ormai praticamente circondati, verso le 13. In serata con il buio esfiltrano anche 18 americani superstiti. Nella tarda mattinata un proiettile incendiario centra una casa in località detta “Monte”, dove perisce l’intera famiglia di Giuseppe Moscardini detto “il Cascianella”; insieme a lui muore la moglie Nella di 30 anni, la figlia Anna Maria di 11, Dante di 7, e Lido di 12 mesi; sopravvive solo il piccolo Franco. La maggior parte degli abitanti di Sommocolonia con il parroco Don Fredianelli, nel pomeriggio sfolla nei campi in Merizzacchio e nei metati sottostanti, fino al Mulino dei Gasperetti.

La battaglia di Sommocolonia, termina nella prima serata con oltre 130 caduti tra tedeschi, americani partigiani e civili; 18 soldati americani riescono fortunosamente a filtrare con il buio le attraverso le linee e ricongiungersi a Barga. Una quarantina sono i dispersi. 10 i soldati americani prigionieri.


1. Riprendiamo qui integralmente il testo di Vittorio Biondi da un articolo del 2008 uscito online su “Il Giornale di Barga e della Valle del Serchio”: https://www.giornaledibarga.it/2008/12/la-battaglia-del-26-dicembre-1944-a-sommocolonia-224504/. Ringraziamo l’autore per le ricerche e al precisione delle informazioni.

L’eroismo del Tenente John R. Fox

Il tenente John R. Fox si distinse come uno degli eroi della battaglia di Sommocolonia. Asserragliato in una torre del villaggio, il suo compito era dirigere il fuoco dell’artiglieria americana contro le forze nemiche. Durante l’avanzata delle truppe italo-tedesche, quando Sommocolonia era ormai accerchiata e le difese alleate cedevano, Fox ordinò un bombardamento diretto sulla propria posizione per fermare l’avanzata nemica. Le sue ultime parole, riportate dai commilitoni, furono: “Fire it! There’s more of them than there are of us. Give them hell!”. Questo atto di straordinario sacrificio non solo inflisse gravi perdite al nemico, ma permise agli Alleati di guadagnare tempo prezioso per riorganizzarsi e lanciare una controffensiva. Il sacrificio di Fox costò la vita a circa 100 soldati tedeschi e rallentò significativamente l’avanzata delle forze dell’Asse. Per questo eroismo, Fox fu insignito postumo della Medal of Honor nel 1997, dopo un riesame storico che riconobbe le discriminazioni razziali che avevano inizialmente impedito di premiarlo adeguatamente. L’azione del tenente Fox rappresenta un simbolo non solo del valore individuale, ma anche della lotta degli afroamericani per il riconoscimento del loro contributo durante la Seconda Guerra Mondiale. “Il suo sacrificio ha salvato molte vite alleate, ma il suo coraggio rimane un esempio di dedizione assoluta al dovere”.

Tra fama e infamia: i Buffalo Soldiers

Dopo l’iniziale disorganizzazione, il dispositivo difensivo americano venne progressivamente rafforzato. Nella zona dello sfondamento affluirono elementi della 1ª Divisione Corazzata e della 34ª Divisione Fanteria americana, seguiti dall’8ª Divisione Indiana. Anche il supporto aereo risultò determinante: i cacciabombardieri del 22nd Tactical Air Command effettuarono quasi 4.000 missioni contro le forze italo-tedesche tra il 27 e il 29 dicembre, infliggendo perdite significative e rallentandone l’avanzata. Il generale Dudley Russell, comandante della Divisione Indiana, si preparava a lanciare un contrattacco, ma il generale tedesco Otto Fretter-Pico, considerando gli obiettivi dell’operazione pienamente raggiunti, ordinò ai reparti di ripiegare sulle posizioni di partenza. Nonostante le insistenze di Rodolfo Graziani, favorevole a proseguire l’offensiva, la sera del 28 dicembre i reparti italo-tedeschi iniziarono a ritirarsi. Nei due giorni successivi si registrarono scaramucce sporadiche, ma gli Alleati non riuscirono ad agganciare le unità nemiche, che poterono completare il rientro nelle linee originarie senza subire gravi perdite. Entro il 30 dicembre, tutte le forze dell’Asse erano rientrate nelle loro posizioni di partenza. L’Operazione Wintergewitter non produsse alcun risultato strategico rilevante. Il terreno conquistato non poteva essere mantenuto di fronte alla superiorità numerica e materiale delle forze alleate e venne abbandonato quasi senza combattere. Tuttavia, dal punto di vista tattico, l’offensiva consentì alle forze italo-tedesche di respingere i reparti americani, catturare armi, viveri ed equipaggiamenti, oltre a circa 250 prigionieri.

La 92ª Divisione di Fanteria statunitense, nota come “Buffalo Soldiers”, non ricevette grandi onori per la sua partecipazione a questa battaglia. Dopo gli eventi di Wintergewitter, la divisione afroamericana fu trasferita in un settore meno attivo e sottoposta a una riorganizzazione. Fino alla fine di marzo 1945, il fronte della Garfagnana rimase relativamente tranquillo, presidiato dagli alpini della Divisione “Monte Rosa”. I Buffalo Soldiers rappresentavano una delle poche unità afroamericane impiegate sul fronte europeo durante la Seconda Guerra Mondiale. Creata nel 1917, la divisione era composta prevalentemente da soldati afroamericani, arruolati in un contesto di segregazione razziale ancora vigente nelle forze armate statunitensi. Durante la campagna italiana, la 92ª Divisione dovette affrontare non solo un nemico agguerrito, ma anche pregiudizi razziali, un addestramento inadeguato e le difficoltà di operare in un ambiente montuoso particolarmente impervio. Nonostante queste sfide, la divisione dimostrò grande resilienza e coraggio. Durante l’Operazione Wintergewitter, i Buffalo Soldiers ebbero il compito di difendere Sommocolonia e le aree circostanti da un attacco coordinato delle forze dell’Asse. Sebbene abbiano subito pesanti perdite, con oltre 50 soldati caduti durante i combattimenti del 26 dicembre 1944, la loro resistenza, sostenuta dai partigiani italiani, rallentò significativamente l’avanzata nemica, consentendo agli Alleati di organizzare una controffensiva efficace. Oltre alla battaglia di Sommocolonia, i Buffalo Soldiers parteciparono ad altre operazioni significative nella campagna italiana, tra cui la liberazione di Massa e Genova nell’aprile 1945. Il contributo dei Buffalo Soldiers non fu soltanto di natura militare. La loro presenza e le loro azioni sfidarono gli stereotipi razziali dell’epoca, dimostrando il valore e la dedizione delle unità afroamericane sul campo di battaglia. Questo servizio contribuì a gettare le basi per la futura desegregazione delle forze armate statunitensi, avvenuta formalmente nel 1948 sotto l’amministrazione Truman. Come affermato da uno storico, “I Buffalo Soldiers affrontarono non solo il nemico, ma anche il peso del razzismo e della segregazione. Il loro successo rappresenta una pagina fondamentale nella storia militare e civile americana”.

Gli impatti dell’Operazione in Garfagnana durante e dopo la guerra

L’Operazione “Wintergewitter” non si limitò a essere un evento bellico tra forze militari contrapposte, ma ebbe un impatto devastante sulla popolazione civile della Garfagnana, in particolare sui bambini, vittime indifese e tragicamente colpite. Testimonianze dell’epoca descrivono villaggi devastati dai bombardamenti, famiglie distrutte e un’intera generazione segnata da traumi indelebili. Tra gli episodi più drammatici vi fu il bombardamento di Pontecosi del 28 dicembre 1944, che causò la morte di numerosi civili, tra cui molti bambini. La piccola Ada Cassettari, di appena due anni, fu uccisa da una scheggia mentre si trovava tra le braccia della madre durante un raid aereo. Il tenente Cesare Fiaschi, presente nella regione in quei giorni, annotò nel suo diario: “L’espressione di quella madre, impietrita dal dolore e dalla disperazione, non riesco a sostenerla. Maledirei il mondo e le atrocità della guerra”. Altri episodi di analoga tragicità si verificarono a Sommocolonia, dove Giuliano Nardini, un bambino di quattro anni, fu ucciso da una raffica di mitra durante i combattimenti; suo fratello maggiore, Nardino, rimase gravemente ferito nella stessa sparatoria. Questi non furono eventi isolati: intere famiglie furono sterminate dai bombardamenti alleati, mentre i rastrellamenti delle forze dell’Asse aggiunsero ulteriore sofferenza a una popolazione già stremata. Come sottolineato da uno storico locale, “Le vite di questi giovani furono spezzate, lasciando un vuoto nelle famiglie e nelle comunità che non sarebbe mai stato colmato”. Ancora oggi, le tracce di queste tragedie sopravvivono nei racconti delle famiglie e nei memoriali eretti in ricordo delle vittime innocenti di quel terribile inverno.

Le conseguenze della Battaglia di Garfagnana del Natale 1944 furono pesanti per la popolazione locale e il territorio. La distruzione di villaggi come Sommocolonia e Pontecosi lasciò molte famiglie senza casa, aggravando la precarietà già diffusa nel dopoguerra. La perdita di vite umane, soprattutto tra i civili, segnò profondamente le comunità, mentre i bambini portarono per anni i traumi del conflitto. Sul piano economico, le devastazioni alle infrastrutture agricole e urbane rallentarono la ripresa, ulteriormente complicata dall’isolamento geografico e dalla presenza di ordigni inesplosi. Ma la battaglia, soprattutto, sul piano politico e della civile convivenza, accentuò le divisioni ideologiche locali tra sostenitori della Resistenza e collaboratori fascisti delle forze dell’Asse. Queste tensioni hanno richiesto decenni per essere superate. Tuttavia, i monumenti e le commemorazioni annuali sono diventati simboli di forza e hanno promosso la riflessione collettiva, contribuendo a mantenere viva la memoria degli eventi. Oggi la Battaglia di Natale e l’Operazione “Wintergewitter” sono oggetto di studi che ne esaminano le complessità, contribuendo a una memoria condivisa tesa a promuovere la pace. “Le vicende di Wintergewitter ci ricordano che la guerra, pur nella sua brutalità, può essere illuminata da atti di straordinaria umanità e sacrificio”, scrive uno storico.

Preservare la memoria di questi eventi è fondamentale per onorare le vittime e trarre lezioni dal passato, affinché tragedie simili non si ripetano mai più.

Bibliografia

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Filmati

1944 Garfagnana: le Ardenne italiane

La scelta dei soldati dell’Asse

The Battle of Sommocolonia

Il giovane Hank Smith racconta

1st Lt. John R. Fox – 1944 WW2 Medal Of Honor Moment

Un sacrificio finalmente riconosciuto

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